INTRODUZIONE AL SECONDO LIBRO DEI MACCABEI
Caratteristiche
principali
Il secondo libro dei Maccabei non
è la continuazione del primo: comprende, infatti, quel periodo della
storia ebraica che va dal 180 al 160 a.C., cioè dal tempo del sommo
sacerdote Onia III fino alla morte di Nicanore, generale di Demetrio I re di
Siria. Gli avvenimenti narrati sono, quindi, in parte anteriori e, in parte,
contemporanei a quelli narrati nei capitoli 1-9 del primo libro dei
Maccabei.
Il libro si presenta come un
riassunto, compilato da un autore di cui non sappiamo il nome, dei cinque volumi
scritti dallo storico Giasone di Cirene. Al centro dell'interesse stanno le
antiche tradizioni del popolo e il tempio di Gerusalemme con le sue feste. Due
sono ricordate in modo particolare: quella della dedicazione e della
purificazione del tempio (10, 1-9) e quella commemorativa della liberazione
ottenuta con l'uccisione di Nicanore (15, 36). Nel suo racconto l'autore mette
in evidenza la costanza dei martiri, che nella speranza della risurrezione
affrontano la morte per essere fedeli alle leggi di
Dio.
Autore e ambiente
storico
Quasi nulla si sa dell'autore. I cinque
libri di Giasone furono scritti dopo il 160 e il nostro autore deve averli
riassunti molto tempo
dopo.
Schema
-
Introduzione:
le due lettere agli Ebrei d'Egitto
e prefazione dell'autore 1, 1-2, 32
- Lotte per
il sommo sacerdozio 3, 1-4, 50
- Persecuzione di
Antioco IV Epifane 5, 1-7, 42
- Le imprese di
Giuda il Maccabeo 8, 1-15, 36
- Conclusione del
libro 15, 37-39
INTRODUZIONE
CAPITOLO
1
PRIMA LETTERA AGLI EBREI DELL'EGITTO
1 «Noi Ebrei che abitiamo
a Gerusalemme, nella regione della Giudea, salutiamo voi, nostri fratelli Ebrei
che siete in Egitto e vi auguriamo ogni bene.
2
Dio vi riempia dei suoi doni e si ricordi dell'alleanza che egli ha fatto con
Abramo, Isacco e Giacobbe, suoi servi fedeli.
3
Egli conceda a tutti voi di poterlo adorare e di poter compiere con
generosità e con prontezza quel che piace a lui.
4 Dio apra il vostro cuore alla sua legge e ai
suoi precetti e vi dia la pace.
5 Egli vi
ascolti quando pregate, si riconcili con voi e non vi abbandoni, quando vi
trovate nelle difficoltà.
6 Questo noi
chiediamo per voi nella preghiera.
7
«Quando regnava il re Demetrio, nell'anno 169 dell'èra greca, noi
Ebrei vi abbiamo mandato questa lettera: "Una grande prova ci ha colpiti in
questi anni, e ne abbiamo sofferto molto. Giasone e i suoi hanno tradito la
terra santa e il regno.
8 Hanno incendiato il
portale del tempio e hanno ucciso persone innocenti. Ma noi abbiamo pregato il
Signore, ed egli ci ha ascoltati. Abbiamo offerto un sacrificio e fior di
farina, abbiamo acceso le lampade e presentato il pane a
Dio".
9 Ora, nell'anno 188 dell'èra greca,
vi scriviamo perché anche voi celebriate la festa delle Tende nel mese di
Casleu.
SECONDA LETTERA: SALUTO
10 «Noi abitanti di
Gerusalemme e della Giudea, insieme ai capi del popolo e a Giuda Maccabeo,
salutiamo Aristobulo, della stirpe dei sacerdoti consacrati e consigliere del re
Tolomeo. Con lui salutiamo anche gli Ebrei che abitano in Egitto. A tutti
auguriamo di star bene.
GLI EBREI LODANO IL SIGNORE PER LA MORTE DI ANTIOCO
11 «Dio ci ha liberati da
grandi pericoli e noi lo ringraziamo molto perché abbiamo potuto
schierarci contro il re Antioco
12 E' stato Dio a
respingere quelli che si erano messi contro la città santa.
13 Il loro capo andò in Persia e fu fatto
a pezzi insieme al suo esercito, che sembrava imbattibile. Questo avvenne nel
tempio della dea Nanea, per un tranello che i sacerdoti della dea avevano teso.
14 Infatti Antioco era andato con i suoi amici
in quel luogo, col pretesto di unirsi in matrimonio con la dea Nanea.
Così, avrebbe ottenuto in dote le sue grandi ricchezze.
15 Quando egli si presentò nel tempio con
poche persone, i sacerdoti del tempio di Nanea gli mostrarono le ricchezze. Ma
appena Antioco fu entrato, chiusero il santuario.
16 Aprirono la botola segreta del soffitto e
uccisero a sassate il principe e i suoi compagni. Poi li fecero a pezzi, li
decapitarono e gettarono le loro teste a quelli che stavano fuori.
17 Ringraziamo sempre il nostro Dio, che ha
fatto morire i malvagi.
IL FUOCO SACRO E'
STATO CONSERVATO
18 «E' il giorno 25 del
mese di Casleu, e noi stiamo celebrando la festa della purificazione del tempio.
Abbiamo pensato bene di informarvi, perché anche voi celebriate la festa
delle Tende e del Fuoco. Noi ricordiamo così il tempo nel quale Neemia
ricostruì il tempio e l'altare e offrì sacrifici.
19 Infatti, quando i nostri antenati furono
deportati in Persia, i sacerdoti di allora, con profondo senso di dedizione,
presero il fuoco dell'altare e lo nascosero segretamente in un pozzo profondo e
asciutto. Lo misero in luogo sicuro con tali accorgimenti che nessuno ne venne a
conoscenza.
20 Passarono molti anni e, quando
piacque a Dio, Neemia, inviato dal re di Persia, prese alcuni discendenti dei
sacerdoti che avevano nascosto il fuoco e li mandò a cercarlo. Questi
però raccontarono di non aver trovato il fuoco, ma un liquido denso.
Allora Neemia comandò loro di prenderne una parte e di portarglielo.
21 Poi prepararono tutto il necessario per
offrire sacrifici, e Neemia comandò ai sacerdoti di versare il liquido
sulla legna e sulle altre cose.
22 Lo fecero, e
quando il sole uscì dalle nubi e incominciò a risplendere,
comparve un gran fuoco e tutti rimasero sbalorditi.
23 Mentre il sacrificio veniva consumato dal
fuoco, i sacerdoti pregavano e con loro tutto il popolo. Gionata guidava la
preghiera e tutti gli altri rispondevano, compreso Neemia.
24 La preghiera diceva
così:
«"Signore, Signore Dio, che hai
creato tutte le cose, terribile e forte, giusto e misericordioso; tu solo sei
re, tu solo sei buono.
25 Tu solo sei generoso,
giusto, onnipotente ed eterno! Tu liberi Israele da ogni sventura. Tu hai scelto
i nostri antenati e li hai resi un popolo santo.
26 Accogli il sacrificio che ti offriamo per
tutto Israele. Custodisci questo popolo santo che ti appartiene.
27 Raduna quelli che sono dispersi nel mondo;
libera coloro che sono schiavi tra i pagani. Guarda con bontà a quanti
sono disprezzati e oltraggiati. Fa' che tutti i popoli riconoscano che tu sei il
nostro Dio.
28 Castiga quelli che ci opprimono e
ci insultano con superbia.
29 Fa' che il tuo
popolo si senta sicuro nella tua terra santa, come ha detto
Mosè".
30 I sacerdoti intanto cantavano
inni.
31 «Quando il sacrificio finì,
Neemia comandò di spargere il liquido rimasto su grandi pietre.
32 I sacerdoti ubbidirono e si sprigionò
una fiammata, subito assorbita dalla luce che risplendeva sull'altare dei
sacrifici.
33 La notizia di quello che era
avvenuto si divulgò e lo venne a sapere anche il re di Persia. Fu
informato del fuoco che i sacerdoti avevano nascosto prima di essere deportati
in esilio, e come più tardi, in quel luogo, era apparso un liquido denso.
Con esso poi Neemia e i suoi compagni avevano purificato quanto occorreva per i
sacrifici.
34 Il re volle accertarsi del fatto e
poi fece circondare quel luogo e lo dichiarò sacro.
35 Il re concedeva un po' di quel liquido a
persone da lui scelte e veniva ricambiato con molti doni.
36 I compagni di Neemia chiamarono quel luogo
Neftar, che vuol dire "purificazione", altri però lo chiamano
Neftai.
CAPITOLO 2
ALCUNE MEMORIE SUL PROFETA GEREMIA
1 «Come abbiamo
già detto, nei documenti si legge che il profeta Geremia comandò
ai deportati di prendere il fuoco.
2 Parimenti
si legge che il profeta consegnò ai deportati la legge di Mosè e
raccomandò loro di non dimenticarsi dei comandamenti del Signore. Vedendo
idoli d'oro e d'argento e i loro ornamenti, essi non dovevano deviare ma restare
saldi nelle loro convinzioni.
3 Con insistenza
il profeta esortava i deportati a rimanere fedeli alla legge di Dio.
4 Gli stessi documenti riferiscono ancora
questo: il profeta, in seguito a una rivelazione avuta, salì sul monte
dove Mosè era andato per contemplare la terra che Dio avrebbe dato in
eredità a Israele e comandò che alcuni lo seguissero con la tenda
e l'arca dell'alleanza.
5 Geremia arrivò
in quel luogo e vi trovò una caverna. Vi portò dentro la tenda,
l'arca e l'altare dei profumi e chiuse la porta.
6 Alcuni di quelli che lo avevano seguito
andarono poi insieme per segnare la strada che portava alla caverna, ma non
riuscirono più a trovarla.
7 Geremia
venne a saperlo, li rimproverò e disse: "Questo luogo rimarrà
sconosciuto fino al giorno in cui Dio manifesterà la sua misericordia
riunendo il suo popolo.
8 Allora il Signore
mostrerà di nuovo queste cose e apparirà glorioso nella nube, come
quando apparve a Mosè, o come quando Salomone pregò perché
il tempio fosse solennemente consacrato".
9 In
quei documenti si narra pure che Salomone, uomo di grande sapienza, offrì
sacrifici per la dedicazione del tempio da lui costruito.
10 Mosè pregò il Signore e dal
cielo scese il fuoco che consumò le vittime; ugualmente, anche dopo la
preghiera di Salomone, un fuoco, sceso dal cielo, bruciò il sacrificio.
11 Mosè aveva detto: "Siccome l'offerta
per il peccato non è stata mangiata, essa è stata
consumata".
12 Anche Salomone celebrò per
otto giorni la festa della Dedicazione del tempio.
LA BIBLIOTECA DI NEEMIA
13 «Queste stesse notizie
si trovavano anche negli scritti e nelle memorie di Neemia. Egli fondò
pure una biblioteca e vi raccolse libri riguardanti i re e i profeti, gli
scritti di Davide e le lettere dei re relative ai doni votivi.
14 Allo stesso modo anche Giuda Maccabeo
raccolse tutti i libri andati perduti a causa della guerra che ci capitò
ed essi sono ora presso di noi.
15 Perciò
se ne avete bisogno, mandateci qualcuno che ve li
porti.
INVITO A CELEBRARE LA FESTA DELLA
PURIFICAZIONE DEL TEMPIO
16 «Dunque noi vi
scriviamo mentre stiamo per celebrare la festa della Purificazione del tempio.
Festeggiate anche voi questi giorni e farete un'ottima cosa.
17-18 Dio che ha salvato tutto il suo popolo e
ci ha restituito la terra promessa, il regno, il sacerdozio e il tempio ci
radunerà nella terra santa da ogni parte del mondo. Così egli ci
ha promesso nel libro della legge e noi, basandoci sulla sua parola, lo
speriamo. Anzi egli ci ha già liberati da grossi pericoli e ha purificato
il tempio.
IL PROGETTO
DELL'AUTORE
19-23 «Giasone di Cirene ha
scritto cinque libri. In essi si parla di Giuda Maccabeo e dei suoi fratelli,
della purificazione del grande tempio e della inaugurazione dell'altare. Si
narrano le guerre contro Antioco Epifane e contro suo figlio Eupatore. Si
raccontano pure le apparizioni venute dal cielo a favore di quelli che avevano
combattuto con grande coraggio per la fede ebraica. Questi, anche se pochi di
numero, riconquistarono tutta la regione e misero in fuga gli stranieri.
Ricuperarono il tempio, famoso in tutto il mondo, liberarono la città, e
rimisero in vigore le leggi che stavano per essere abolite. Riuscirono a fare
tutto ciò con l'aiuto del Signore che fu loro propizio. In questo mio
libro ho cercato di riassumere tutte queste notizie.
24 Infatti ho tenuto in considerazione la grande
quantità di cifre e la difficoltà per chi vorrà mettersi a
studiare la vicenda di una storia così vasta.
25 Perciò ho cercato di fare un racconto
piacevole per quelli che intendono leggermi, facile per quelli che lo vogliono
imparare a memoria, utile per chiunque lo prenderà in mano.
26 Per me invece il lavoro è stato
complesso: mi sono sforzato di sunteggiare, e per far questo ho dovuto sudare e
rinunziare al sonno.
27 Capita così anche
a chi prepara un banchetto e cerca di soddisfare i gusti degli altri: infatti
non è cosa semplice. Anch'io affronto ben volentieri questa fatica per
rendere un servizio a molti.
28 Lascio
perciò a Giasone l'accuratezza dei singoli dettagli, io invece
tenterò di riassumerlo, secondo il piano che mi sono proposto.
29 L'architetto che progetta una casa nuova deve
preoccuparsi di tutta la costruzione; ma chi ha il compito di dipingerla e di
decorarla, deve badare solo agli ornamenti. Penso che lo stesso discorso valga
per
30 L'autore di una storia deve raccogliere i
dati, mettere ordine nel racconto ed esaminare con cura anche i minimi
particolari.
31 Invece chi la riassume
può permettersi di curare la brevità del racconto, trascurando
l'esposizione completa dei fatti.
32 «Ora
è tempo di passare alla narrazione, senza aggiungere altro. Sarebbe
sciocco infatti fare una lunga introduzione e poi raccontare in breve la storia
stessa».
LOTTE PER IL SOMMO SACERDOZIO
CAPITOLO
3
ELIODORO, MINISTRO DEL RE, A GERUSALEMME
1 Un tempo, la città
santa viveva in grande pace e la gente osservava scrupolosamente le leggi.
Questo avveniva per merito del sommo sacerdote Onia, uomo molto religioso e
nemico di ogni male.
2 Allora gli stessi re
onoravano il tempio e lo abbellivano con magnifici doni.
3 Per esempio, anche Seleuco, re dell'Asia
Minore, provvedeva, con le proprie entrate, quello che era necessario per i
sacrifici.
4 Ma quando un certo Simone, della
tribù di Bilga, divenne responsabile del tempio, si trovò in
contrasto con il sommo sacerdote a proposito dell'amministrazione della
città.
5 Simone non riuscì ad aver
ragione contro Onia e perciò andò da Apollonio di Tarso, che
allora governava le regioni della Celesiria e della Fenicia.
6 Gli disse che le casse del tempio erano piene
di ricchezze e che la quantità di denaro era incalcolabile. Queste
ricchezze poi non servivano per le spese dei sacrifici e perciò era
possibile consegnarle al re.
7 A sua volta,
Apollonio andò dal re e lo mise al corrente di tutte le ricchezze di cui
era stato informato. Il re allora fece chiamare il ministro Eliodoro e lo
mandò a Gerusalemme per confiscare tutto quel denaro.
8 Eliodoro, col pretesto di visitare le
città della Celesiria e della Fenicia, si mise subito in viaggio; in
realtà egli voleva eseguire l'ordine del re.
9 Arrivò a Gerusalemme e il sommo
sacerdote con tutti gli abitanti della città lo accolse con
cordialità. Eliodoro riferì ad essi le informazioni che aveva
avuto ed espresse il motivo del suo viaggio. Intanto domandò loro se le
cose stavano davvero così.
10 Il sommo
sacerdote allora spiegò a Eliodoro che i beni depositati nel tempio
appartenevano alle vedove e agli orfani. In parte solamente erano di Ircano,
figlio di Tobia, persona assai distinta in mezzo al popolo.
11 Contrariamente a quel che aveva inventato
l'empio Simone, si trattava in tutto di centotrentasei quintali d'argento e
sessantotto d'oro.
12 Infine fece osservare che
non si doveva assolutamente fare torto a quelli che avevano messo la loro
fiducia e sicurezza nel tempio apprezzato in tutto il mondo per la sua grandezza
e santità.
13 Eliodoro però, forte
degli ordini che aveva ricevuto dal re, rispose che tutte quelle ricchezze
dovevano passare nelle casse del re.
ELIODORO SCONVOLGE LA CITTÀ
14 Eliodoro, nel giorno da lui
fissato, entrò nel tempio per fare l'inventario degli oggetti preziosi.
In tutta la città allora ci fu una grande angoscia.
15 I sacerdoti, con le loro vesti rituali, si
gettavano a terra davanti all'altare. A Dio, che aveva dato loro la legge sui
depositi, chiedevano di conservarli intatti per coloro che li avevano portati al
tempio.
16 Guardando il volto del sommo
sacerdote si sentiva come una ferita al cuore; il suo sguardo e il suo volto
scolorito rivelavano lo sgomento del suo animo.
17 Egli infatti era spaventato; tutto il suo
corpo tremava: perciò chi lo vedeva si accorgeva della profonda
sofferenza del suo cuore.
18 La gente usciva
dalle case a gruppi, e pregavano insieme perché il luogo santo stava per
essere profanato.
19 Anche le donne affollavano
le strade, vestite di sacco. Le ragazze, che di solito erano in casa,
accorrevano alcune alle porte, altre sulle mura della città, altre ancora
si affacciavano alle finestre.
20 Con le mani
protese verso il cielo, tutte innalzavano preghiere.
21 Era commovente vedere tutta quella gente
confusa e demoralizzata e il sommo sacerdote in preda a una grande angoscia.
22 Essi supplicavano il Signore Onnipotente di
conservare intatti, al sicuro da ogni attacco, i depositi a quelli che li
avevano affidati al tempio.
23 Ma Eliodoro
voleva eseguire quanto aveva deciso di fare.
ELIODORO VIENE CASTIGATO
24 Accompagnato dalla guardia
del corpo era ormai vicino alle casse del tempio, quando il Signore
dell'universo, l'Onnipotente, si manifestò in modo sorprendente. La
potenza di Dio colpì quelli che avevano osato entrare in quel luogo: essi
rimasero tutti senza forze e pieni di spavento.
25 Ad essi apparve un cavallo, bardato con
ricchi finimenti e montato da un cavaliere terribile. Procedeva con impeto e
tirava calci a Eliodoro con le zampe anteriori. Le armi del cavaliere
sfavillavano come l'oro.
26 Davanti a lui
apparvero ancora due giovani straordinariamente forti, eccezionalmente belli e
rivestiti di abiti favolosi. Uno da una parte e uno dall'altra, colpirono
ripetutamente Eliodoro finché, pieno di ferite,
27 stramazzò a terra e fu avvolto da
un'ombra scura. Alcuni uomini lo presero, lo misero su una barella e lo
portarono fuori.
28 Così quell'uomo, che
prima era entrato nella camera del tesoro con un grande seguito e con la guardia
del corpo, ora veniva portato via, incapace di aiutarsi da solo. E tutti videro
che in questo fatto si era manifestata la potenza di Dio.
29 Abbattuto con forza da Dio, Eliodoro giaceva
senza parola e senza speranza di potersi salvare.
30 Gli altri invece lodavano il Signore che
aveva difeso l'onore della sua casa. Il tempio poco prima era pieno di gente
spaventata e terrorizzata; ma appena il Signore manifestò la sua
onnipotenza divenne contenta e allegra.
Eliodoro scacciato dal tempio
ONIA INTERCEDE PER ELIODORO
31 Alcuni compagni di Eliodoro
si rivolsero subito al sommo sacerdote Onia. Con le sue preghiere doveva
chiedere al Signore di ridare la vita a Eliodoro, ormai morente.
32 Il sommo sacerdote, per paura che il re, a
causa di Eliodoro, facesse poi del male agli Ebrei, offrì un sacrificio
perché ricuperasse la salute.
33 Mentre
il sommo sacerdote compiva il sacrificio di espiazione, apparvero di nuovo a
Eliodoro quei due giovani. Portavano le stesse vesti, gli si avvicinarono e gli
dissero: «Devi essere molto riconoscente al sommo sacerdote Onia. Per
merito suo il Signore ti ridà la vita.
34
E tu, che sei stato colpito da Dio, fa' conoscere a tutti la sua grande
potenza». Poi i due giovani scomparvero.
ELIODORO SI CONVERTE
35 Eliodoro allora
offrì un sacrificio al Signore e ringraziò molto Dio che gli aveva
ridato la vita. Salutò con riconoscenza Onia e ritornò dal re con
le sue truppe.
36 Fece conoscere a tutti le
opere di Dio Onnipotente che aveva sperimentate personalmente.
37 In seguito il re domandò a Eliodoro se
c'era qualcuno in grado di ritornare a Gerusalemme. Eliodoro rispose:
38 «Hai qualche nemico o avversario nel tuo
governo? Mandalo a Gerusalemme! Se riuscirà a salvarsi, tornerà
certamente malconcio. In quel luogo infatti c'è davvero una potenza
divina.
39 Dio, che abita nei cieli, veglia su
quel luogo per custodirlo. Ma colpisce e fa morire coloro che vanno per farvi
del male».
40 Così finì il
tentativo di Eliodoro, e il tesoro del tempio rimase
intatto.
CAPITOLO
4
CALUNNIE E DELITTI DI SIMONE
1 Prima si è detto che
Simone aveva tradito il tesoro del tempio e la patria. Egli calunniava Onia
dicendo che era stato lui ad assalire Eliodoro ed era perciò il
responsabile dei suoi mali.
2 Voleva far passare
come insidioso nemico del governo colui che invece era il benefattore della
città, il protettore dei suoi connazionali e il custode premuroso delle
leggi.
3 L'odio arrivò a tal punto che
uno dei compagni di Simone uccise alcune persone.
4 Onia, allora, si rese conto che quella
discordia era pericolosa, dato che Apollonio, figlio di Menesteo, governatore
delle regioni della Celesiria e della Fenicia, incitava la cattiveria di Simone.
5 Onia andò dal re, non per accusare i
cittadini, ma per difendere il bene pubblico e privato di tutto il popolo.
6 Onia infatti era convinto che senza
l'intervento del re, non si poteva più mettere pace nella vita della
nazione, e Simone non avrebbe messo limiti alla sua
follia.
GIASONE FA PROPAGANDA PER L'ELLENISMO
(vedi 1 Maccabei 1,
10-15)
7 Intanto Seleuco morì e Antioco,
detto anche Epifane, divenne re al suo posto. Giasone, fratello di Onia, ottenne
con sistemi corrotti, la carica di sommo sacerdote:
8 andò a trovare il re e gli promise
più di centoventi quintali d'argento e altri ventisette provenienti da
altre entrate.
9 Egli promise in aggiunta
cinquanta quintali d'argento se avesse ottenuto il permesso di fondare, di sua
autorità, un ginnasio e una palestra e di dare la cittadinanza antiochena
agli abitanti di Gerusalemme.
10 Il re fu
d'accordo e Giasone, preso il potere, impose subito alla nazione il modo di
vivere dei Greci.
11 Negli anni precedenti, i re
avevano benignamente fatto delle concessioni agli Ebrei: per loro aveva
interceduto Giovanni, padre di Eupolemo, che era andato a Roma per stringere un
patto di amicizia con i Romani. Ora invece Giasone abolì quei privilegi
distrusse le legittime istituzioni e introdusse consuetudini contrarie alla
legge di Mosè.
12 Giasone si
affrettò a fondare una palestra proprio sotto la fortezza, e
obbligò i giovani più vigorosi a vestirsi come i Greci.
13 L'influenza greca cominciò quindi a
farsi sentire. Gerusalemme fu totalmente invasa dalla moda straniera a causa
dell'arroganza dell'empio Giasone, che non si comportava affatto come sommo
sacerdote.
14 I sacerdoti non curavano
più la liturgia, anzi disprezzavano il tempio, trascuravano i sacrifici
e, al primo segnale dato col disco nella palestra, partecipavano con ardore ai
giochi proibiti dalla legge di Dio.
15 Non
avevano più stima delle gloriose imprese della loro patria e invece
apprezzavano al massimo gli onori promessi dai Greci.
16 A causa di tutto questo, una grossa disgrazia
piombò su di loro: proprio quelli di cui imitavano le gare atletiche e ai
quali volevano somigliare in tutto, si trasformarono in loro nemici e violenti
contestatori.
17 Non si possono trasgredire
impunemente le leggi di Dio, e lo si vedrà nel racconto che
segue.
18 A Tiro si celebravano i giochi
quinquennali ed era presente anche il re.
19 Il
criminale Giasone vi mandò come spettatori alcuni abitanti di
Gerusalemme, che avevano la cittadinanza antiochena. Diede ad essi trecento
monete d'argento per offrire un sacrificio in onore di Ercole. Gli inviati
però non le usarono per il sacrificio, ma per un altro scopo.
20 Così quel che dal mittente era stato
destinato al sacrificio in onore di Ercole, per iniziativa di quegli uomini fu
impiegato per la costruzione di alcune navi.
ANTIOCO EPIFANE A GERUSALEMME
21 In Egitto si celebrava
l'incoronazione del re Filometore, figlio di Menesteo. Antioco aveva mandato
là per assistere alla cerimonia Apollonio e da lui venne a sapere che il
re non approvava la sua politica. Pensò allora di mettersi al sicuro.
Prima andò a Giaffa e poi arrivò a Gerusalemme.
22 Giasone e gli abitanti della città lo
accolsero con grandi onori. Fece il suo ingresso in città tra fiaccolate
e acclamazioni. Poi con l'esercito andò verso la
Fenicia.
MENELAO DIVENTA SOMMO SACERDOTE
23 Tre anni dopo, Giasone
mandò Menelao dal re per portargli del denaro e per trattare alcuni
affari urgenti. Menelao, fratello di quel Simone di cui abbiamo già
parlato,
24 andò dal re e gli
presentò i suoi omaggi come fanno gli uomini potenti. Offrì oltre
cento quintali d'argento in più di Giasone, e così si
accaparrò la carica di sommo sacerdote.
25 Poi ritornò a Gerusalemme con le
lettere di nomina. Non aveva nulla che fosse degno di un sommo sacerdote, ma era
furioso come un tiranno, crudele e arrabbiato come una bestia selvaggia.
26 Così Giasone, che prima aveva
soppiantato suo fratello, ora fu soppiantato da un altro e dovette fuggire in
esilio nella regione della Ammanitide.
27
Menelao, una volta ottenuto il potere, non consegnò al re il denaro
promesso.
28 Invano Sostrato, governatore della
fortezza, gliene fece esplicita richiesta. Aveva infatti il compito di
riscuotere le tasse. Per questo, tutti e due dovettero comparire davanti al re.
29 Menelao lasciò il suo fratello
Lisimaco come suo sostituto nelle funzioni di sommo sacerdote. Sostrato invece
lasciò al suo posto Cratete, capo dei Ciprioti.
ONIA VIENE ASSASSINATO
30 In quella situazione, gli
abitanti di Tarso e di Mallo si ribellarono perché le loro città
erano state donate ad Antiochide, amante del re.
31 Il re Antioco allora partì subito per
sistemare questo contrasto e lasciò come suo sostituto Andronico, un
nobile della sua corte.
32 Menelao,
approfittando della situazione, rubò alcuni vasi d'oro dal tempio e li
donò ad Andronico. Altri oggetti riuscì a venderli a Tiro e nelle
città vicine.
33 Onia lo venne a sapere.
Si rifugiò presso Antiochia, nel santuario di Dafne, che era un luogo
sicuro e di li lanciò la sua denunzia contro Menelao.
34 Ma Menelao prese in disparte Andronico e lo
convinse a uccidere Onia. Andronico allora andò a trovare Onia e con
inganno riuscì a ottenere la sua fiducia. Stringendogli la mano fece un
giuramento. Pur destando qualche sospetto, lo convinse ad uscire dal suo
rifugio. E subito lo uccise, senza scrupoli.
35
Non solo gli Ebrei, ma anche molti stranieri rimasero indignati e afflitti per
il barbaro assassinio di quell'uomo.
36 Quando
il re Antioco tornò dalla regione della Cilicia, gli Ebrei della capitale
e alcuni Greci che volevano giustizia, andarono da lui e protestarono
perché Onia era stato ucciso senza alcun motivo.
37 Antioco ne fu profondamente rattristato e
provò una grande compassione. Ripensando alla sapienza e alla prudenza
del defunto, scoppiò in lacrime.
38 Poi,
pieno di sdegno, tolse immediatamente la porpora ad Andronico e gli
strappò di dosso i vestiti. Lo fece trascinare per tutta la città
fino al luogo dove egli aveva crudelmente ucciso Onia. Lì quell'assassino
fu tolto da questo mondo. Il Signore gli diede il castigo che si
meritava.
LISIMACO MUORE IN UNA RIVOLTA DEL POPOLO
39 Intanto Lisimaco, con il
consenso di Menelao, fece molti furti sacrileghi in città. La notizia si
diffuse anche nelle immediate vicinanze e il popolo si ribellò compatto
contro Lisimaco, visto che molti oggetti d'oro erano già stati portati
via.
40 La gente era molto eccitata e piena di
rabbia. Allora Lisimaco armò circa tremila uomini e cominciò a
fare razzie. Il loro capo era un certo Aurano, un vecchiaccio stolto.
41 Appena il popolo si accorse dell'attacco di
Lisimaco, alcuni presero dei sassi, altri i bastoni. Altri, dovunque si
trovavano, raccoglievano la terra, a piene mani, e si lanciavano contro gli
uomini di Lisimaco.
42 Ne ferirono molti, alcuni
ne uccisero, e costrinsero tutti gli altri a fuggire. Colui che prima aveva
profanato il tempio, fu ucciso presso la camera del
tesoro
MENELAO CORROMPE TOLOMEO E IL RE
43 Per questi fatti, fu aperto
un processo contro Menelao.
44 Quando il re
Antioco arrivò nella città di Tiro, tre uomini, mandati dai capi
del popolo, gli chiesero di fare giustizia.
45
Menelao si trovò a mal partito e promise una grossa somma di denaro a
Tolomeo, figlio di Dorimene, perché corrompesse il re.
46 Tolomeo, con la scusa di prendere un po'
d'aria, condusse il re sotto i portici e gli fece cambiar parere.
47 Così il re assolse da ogni accusa
Menelao, che era stato la causa di tutti quei mali. Anzi condannò a morte
quegli infelici: e pensare che questi sarebbero stati riconosciuti innocenti
anche da giudici crudeli come gli Sciti.
48
Essi, che avevano difeso la città, il popolo e gli oggetti sacri del
tempio, contro ogni senso di giustizia furono immediatamente uccisi.
49 Alcuni abitanti di Tiro, indignati per questo
misfatto, sostennero con generosità le spese per la loro sepoltura.
50 Ma Menelao riuscì a conservare il suo
posto con l'aiuto di certi potenti corrotti. Anzi si dimostrava sempre
più crudele e nemico del popolo.
PERSECUZIONE DI ANTIOCO EPIFANE
CAPITOLO
5
LA SECONDA CAMPAGNA IN EGITTO
1 In quei giorni, Antioco organizzò la
seconda spedizione in Egitto.
2 Per quasi
quaranta giorni, gli abitanti di Gerusalemme videro apparire in cielo cavalieri
con vesti d'oro, armati di lance
3 e di spade. Si
videro anche squadroni di cavalieri schierati per la battaglia, attacchi e
scontri da ogni parte, un mare di gente che agitava scudi, brandiva aste e
lanciava frecce. Un gran bagliore di armature d'oro e di corazze di ogni genere.
4 Tutti pregavano perché l'apparizione
fosse di buon augurio.
FINE DI GIASONE
5 Intanto si diffuse la falsa
notizia della morte di Antioco. Giasone prese con sé non meno di mille
uomini e attaccò improvvisamente Gerusalemme. Respinse quelli che stavano
sulle mura e infine prese la città. Intanto Menelao si rifugiò
nella fortezza.
6 Giasone, senza alcuna
pietà, cominciò a fare rappresaglie contro i suoi concittadini.
Non pensava che trionfare sui propri connazionali è la più grossa
sconfitta. Sembrava che stesse trionfando sui nemici e non sui propri
connazionali.
7 Però Giasone non
conquistò il potere. Anzi, alla fine, fu svergognato per il suo
tradimento e dovette fuggire di nuovo nella regione dell'Ammanitide.
8 Ecco come finì la sua vita perversa:
prima imprigionato presso Areta, re degli Arabi, e poi perseguitato da tutti,
dovette fuggire di città in città. Fu odiato come traditore delle
leggi, disprezzato come nemico della patria e del popolo. Poi andò a
finire in Egitto.
9 Colui che aveva cacciato
dalla patria molti cittadini, morì in esilio tra gli Spartani, dove aveva
sperato di trovare rifugio a causa della comune origine.
10 Lui, che aveva lasciato tanta gente senza
sepoltura, finì senza rimpianto. Nessuno lo seppellì e non
poté avere un posto nel sepolcro dei
padri.
IL TEMPIO VIENE SACCHEGGIATO
(vedi 1 Maccabei 1,
21-24)
11 Poi il re Antioco venne a sapere queste
cose e pensò che la Giudea si sarebbe ribellata. Perciò
tornò dall'Egitto e con l'animo inferocito conquistò Gerusalemme
con le armi.
12 Ai soldati comandò di
uccidere senza pietà tutti quelli che incontravano e di trucidare quelli
che si chiudevano nelle loro case.
13 Giovani e
vecchi, donne e ragazzi, fanciulle e bambini furono massacrati e sterminati.
14 In quei tre giorni Israele perdette
ottantamila uomini: quarantamila morirono in battaglia e altrettanti furono
venduti schiavi.
15 Ma il re non si
accontentò di questo, e sotto la guida di Menelao, traditore delle leggi
e della patria, osò entrare nel tempio più santo di tutta la
terra.
16 Con le sue mani impure prese i vasi
sacri e portò via, in modo sacrilego, quello che gli altri re avevano
deposto per la ricchezza, la gloria e l'onore del tempio.
17 Antioco era così superbo da non capire
che Dio aveva abbandonato il tempio solo per un breve periodo perché si
era adirato a causa dei peccati del popolo.
18
Se il popolo non avesse commesso tanti peccati, il re Antioco appena arrivato
sarebbe stato subito abbattuto e respinto nella sua impresa temeraria. Era
capitato così anche a Eliodoro, che il re Seleuco aveva mandato a
saccheggiare il tesoro del tempio.
19 Ma il
Signore non ha scelto il popolo per il tempio, bensì il tempio per il
popolo.
20 Per questo anche il tempio ha dovuto
subire le stesse disgrazie del popolo, per poi partecipare ai suoi trionfi.
Prima, per lo sdegno di Dio onnipotente, è stato abbandonato, ma poi
è stato riportato alla sua gloria, quando il Signore si fu riconciliato
con il suo popolo.
IL POPOLO VIENE
OPPRESSO
21 Antioco, dunque, prese seicento
quintali d'argento dal tempio. Poi tornò in fretta ad Antiochia. Era
così superbo ed esaltato da credere di aver reso navigabile la terra e
transitabile il mare.
22 Per opprimere la gente
nominò alcuni governatori: a Gerusalemme lasciò Filippo, che era
nato in Frigia ed era più crudele del suo padrone.
23 Sul monte Garizim lasciò Andronico.
Oltre a questi, lasciò Menelao che spadroneggiava sui cittadini peggio di
tutti gli altri. Pieno di odio contro gli Ebrei,
24 il re Antioco mandò Apollonio, il capo
dei mercenari di Misia, alla testa di un esercito di ventimila uomini, con
l'ordine di uccidere tutti gli adulti e di vendere le donne e i bambini.
25 Arrivato a Gerusalemme, Apollonio fece finta
di avere intenzioni pacifiche e aspettò fino al giorno santo del sabato.
Così sorprese gli Ebrei in riposo e comandò ai suoi soldati di
sfilare armati.
26 Tutti quelli che uscivano per
vedere la parata militare li fece trucidare. Percorrendo la città con i
suoi uomini armati, uccise moltissima gente.
27
Ma Giuda, soprannominato Maccabeo, si ritirò nel deserto insieme ad altri
nove uomini. Viveva tra le montagne, insieme con i suoi compagni, come vivono le
bestie selvagge. Mangiavano solo erba, e resistevano per non contaminarsi con
cibi proibiti dalla legge.
CAPITOLO
6
GLI EBREI VENGONO PERSEGUITATI
(vedi 1 Maccabei 1,
41-64)
1 Poco dopo, il re Antioco mandò a
Gerusalemme un cittadino anziano di Atene, per costringere gli Ebrei ad
abbandonare le loro antiche tradizioni e a non vivere più secondo le
leggi di Dio.
2 Inoltre, egli doveva profanare
il tempio di Gerusalemme e dedicarlo a Giove Olimpio. Invece il tempio che si
trova sul monte Garizim, doveva dedicarlo a Giove Ospitale, come volevano gli
abitanti del luogo.
3 Questi mali invasero tutta
la regione: erano così gravi che nessuno poteva sopportarli.
4 Il tempio infatti diventò luogo di
malavita e di orge: i pagani vi si divertivano con le prostitute, avevano
rapporti con le donne sotto i sacri portici e portavano nel tempio anche oggetti
proibiti.
5 Bruciavano sull'altare animali
proibiti dalla legge di Dio.
6 Nel giorno di
sabato non si potevano tenere le pratiche religiose. Era proibito osservare le
feste tradizionali, e anche solo dichiarare di essere ebreo.
7 Ogni mese, quando il re celebrava il giorno
della sua nascita, tutti venivano costretti a mangiare le vittime dei sacrifici.
Nella festa del dio Dioniso, c'era l'obbligo di partecipare ai cortei, portando
corone d'edera.
8 I cittadini di Tolemaide
ottennero un decreto riguardante città greche vicine: «Gli Ebrei
sono obbligati a partecipare ai banchetti sacri.
9 Chi rifiuta le nuove usanze greche sia
condannato a morte». Tutto lasciava prevedere che una grande disgrazia era
vicina.
10 Difatti, due donne fecero
circoncidere i loro figli e per questo vennero denunziate. Furono trascinate in
giro per la città, con i bambini appesi al seno e gettate giù
dalle mura.
11 Altri Ebrei si radunarono nelle
grotte vicino a Gerusalemme, per celebrare in segreto il giorno di sabato.
Denunziati a Filippo, furono bruciati vivi, senza che tentassero di difendersi,
per rispetto alla santità del
sabato.
DIO NON ABBANDONA IL SUO
POPOLO
12 Raccomando ai miei lettori di non
lasciarsi scoraggiare da queste disgrazie. Al contrario, essi dovrebbero
pensare: Il Signore punisce il nostro popolo, non per annientarlo, ma per
riportarlo sulla strada giusta.
13 Infatti,
è un segno della sua grande bontà se egli non lascia i peccatori
per lungo tempo senza castigo, ma li raggiunge con qualche prova.
14 Il Signore non ha pensato di comportarsi con
noi come fa con gli altri popoli. Egli aspetta con pazienza a punirli, fino a
quando siano al colmo delle loro colpe.
15 Per
punire noi, invece, egli non aspetta che i nostri peccati giungano all'estremo.
16 Perciò egli non ci nega mai la sua
misericordia, e anche quando ci corregge con qualche disgrazia, non abbandona
mai il suo popolo.
17 Le riflessioni che abbiamo
fatto servano di ammonimento. Ora è tempo di continuare il
racconto.
IL MARTIRIO DI ELEAZARO
18 Eleazaro, uno dei
principali maestri della legge, era già avanti negli anni, ma ancora di
bell'aspetto. Un giorno fu costretto ad aprire la bocca per ingoiare carne di
maiale.
19 Ma egli, volontariamente, andò
verso il martirio, preferendo morire gloriosamente piuttosto che vivere nella
vergogna.
20 Perciò sputò fuori
quella carne. Questo è un esempio per coloro che rifiutano di mangiare
cibi proibiti anche a costo della vita.
21
Allora quelli che avevano la responsabilità di quell'empio banchetto
presero Eleazaro in disparte. Per l'antica amicizia che avevano con lui, gli
consigliarono di farsi portare carni che gli era consentito di mangiare. Le
avrebbe preparate lui stesso e avrebbe finto di mangiare le carni consacrate
agli idoli, secondo il comando del re.
22 In
questo modo avrebbe evitato la morte e, per via dell'antica amicizia con loro,
sarebbe stato trattato con bontà.
23 Ma
Eleazaro prese una nobile decisione, degna della sua posizione e dei suoi
bianchi capelli. Fin da giovane egli aveva condotto una vita esemplare ed era
arrivato alla vecchiaia con onore. Ora doveva dar valore a tutte queste cose.
Egli voleva soprattutto rimanere fedele alla santa legge di Dio e per questo
affermò senza esitare: «Uccidetemi pure.
24 Alla mia età non conviene fingere;
molti giovani crederebbero che Eleazaro, a novant'anni, ha accettato di vivere
alla maniera dei pagani.
25 Se io fingo per quel
poco di vita che mi rimane, essi per colpa mia sarebbero ingannati e io
concluderei la mia vecchiaia nella vergogna e nell'infamia.
26 Ora forse potrei sfuggire al castigo degli
uomini, ma né da vivo né da morto potrei certo sfuggire al
giudizio di Dio Onnipotente.
27 Perciò,
rinunzio con coraggio a questa vita per mostrarmi degno della mia vecchiaia.
28 Ai giovani voglio lasciare un nobile esempio
di come si deve morire, con prontezza e con coraggio, per la legge di Dio».
Detto ciò, andò al supplizio.
L'ULTIMA PREGHIERA DI ELEAZARO
29 Quelli che lo conducevano,
sentendolo parlare così, credevano che Eleazaro fosse diventato pazzo e,
da benevoli com'erano, divennero molto severi con lui.
30 Ormai vicino alla morte per i colpi ricevuti,
Eleazaro sospirò e disse: «Il Signore conosce tutto. Egli sa che io
potrei sottrarmi alla morte. Sotto questi colpi, io soffro dolori atroci nel
corpo, ma li
sopporto con animo forte, per
l'amore che ho per lui».
31 In questo modo
Eleazaro mori. Egli lasciò un esempio indimenticabile di fortezza e di
virtù non solo ai giovani, ma anche alla grande maggioranza del
popolo.
CAPITOLO
7
IL MARTIRIO DEI SETTE FRATELLI
1 Capitò anche quest'altro fatto. Furono
arrestati sette fratelli insieme con la loro madre. Il re voleva costringerli a
mangiare la carne di maiale, che era proibita dalla legge di Mosè.
Perciò li fece picchiare e frustare.
2 Ma
uno di loro si fece avanti e disse a nome di tutti: «Che cosa ti aspetti o
che cosa vuoi sapere da noi? Piuttosto che disubbidire alla legge dei nostri
antenati, noi siamo pronti a morire».
3
Allora il re si arrabbiò e fece mettere al fuoco alcune caldaie di
bronzo.
4 Quando scottavano, il re
comandò di prendere subito quello che aveva parlato a nome degli altri.
Davanti agli altri fratelli e a sua madre, gli mozzarono la lingua, gli
strapparono la pelle del capo e gli tagliarono mani e piedi.
5 Quando gli ebbero tagliato tutte le membra, il
re comandò di gettarlo vivo nel fuoco e di arrostirlo nella caldaia.
Mentre il fumo si diffondeva abbondantemente dalle caldaie, gli altri fratelli
si esortavano a vicenda con la madre a morire con coraggio. Dicevano:
6 «Il Signore Dio ci vede e certamente ci
manda il suo conforto. Lo dice anche Mosè nel suo cantico quando
proclama: "Il Signore avrà pietà dei suoi
servi"».
7 Morto il primo fratello,
portarono anche il secondo al supplizio. Gli strapparono dalla testa la pelle
con i capelli e gli chiesero: «Sei disposto a mangiare questa carne? Se no,
tortureremo il tuo corpo membro per
membro».
8 Ma egli rispose in ebraico:
«No!». Perciò anche lui subì gli stessi tormenti del
primo.
9 Quando ormai era all'ultimo respiro,
disse: «Tu, o scellerato, ci togli dalla vita presente. Ma il re
dell'universo ci farà risorgere per una vita che non finisce, dato che
moriamo per le sue leggi».
10 Dopo di lui fu
torturato il terzo fratello. Appena glielo chiesero, egli tirò fuori la
lingua e stese le mani con coraggio.
11
Intrepido disse: «Queste membra le ho ricevute da Dio, e ora sono pronto a
sacrificarle per amore delle sue leggi. Ma sono certo di riaverle da Dio
stesso».
12 Anche il re e quelli che erano
con lui furono meravigliati per il coraggio di questo giovane. Egli non teneva
in nessun conto le torture.
13 Appena mori,
torturarono anche il quarto fratello con gli stessi supplizi.
14 Stava oramai per morire, quando disse:
«E' bello essere uccisi dagli uomini, quando si ha una speranza: Dio ha
promesso di ridare la vita. Per te, invece, non ci sarà risurrezione per
la vita».
15 Subito dopo portarono alla
tortura anche il quinto fratello.
16 Ma lui,
fissando il re, disse: «Anche se sei mortale come noi, tu hai il potere
sugli uomini e perciò fai quello che vuoi. Non credere però che
Dio abbia abbandonato il nostro popolo.
17
Aspetta ancora un po', e farai i conti con la grande potenza di Dio. Egli
castigherà te e i tuoi
discendenti».
18 Dopo di lui portarono il
sesto fratello. Mentre moriva disse al re: «Non illuderti senza ragione.
Noi soffriamo queste cose per colpa nostra: abbiamo infatti peccato contro il
nostro Dio. Per questo ci capitano queste terribili prove.
19 Ma tu che hai osato combattere contro Dio,
non credere di restare senza castigo».
La madre dei MaccabeiIL
MARTIRIO DELL'ULTIMO FIGLIO E DELLA MADRE
20
Degna di essere ammirata e ricordata più di tutti fu la madre. Essa vide
morire in un sol giorno i suoi sette figli. Eppure sopportò la prova con
coraggio, per la speranza che aveva nel Signore.
21 In ebraico li esortava, a uno a uno. Piena di
nobili sentimenti, univa la tenerezza femminile a un coraggio da uomo. Diceva
loro:
22 «L'inizio della vostra vita dentro
di me è stata una cosa meravigliosa, che continua a sorprendermi. Non
sono stata io a darvi il respiro e la vita. Non sono stata io a formare le
membra di ciascuno di voi.
23 Il Creatore del
mondo, che sta all'origine di tutte le cose, forma anche l'uomo. Voi trascurate
voi stessi per amore delle sue leggi, ma lui, nella sua bontà, vi
darà di nuovo il respiro e la
vita».
24 Antioco allora si sentì
offeso. Pensava che quelle parole fossero un rimprovero per lui. Siccome il
più giovane dei fratelli era ancora in vita, egli lo esortava, non solo a
parole, ma anche con giuramenti e gli faceva promesse. Se si fosse staccato
dalle tradizioni dei suoi padri, lo avrebbe fatto ricco e felice; lo avrebbe
considerato un amico e gli avrebbe dato pubblici incarichi.
25 Ma il giovane non badava affatto a queste
parole. Allora il re fece chiamare la madre e la invitò a consigliare il
ragazzo perché salvasse la propria vita.
26 Siccome il re insisteva tanto, la madre
accettò di dare consigli al figlio.
27 Si
curvò sopra di lui e a dispetto del crudele tiranno, disse in ebraico:
«Figlio mio, abbi compassione di me che per nove mesi ti ho portato in seno
e per tre anni ti ho allattato. Ti ho allevato, ti ho dato il nutrimento e ti ho
portato a questa età.
28 Ti scongiuro,
figlio mio, guarda il cielo e la terra e osserva tutte le cose che si trovano in
essi. Sappi che il Signore non le ha ricavate da cose che esistevano prima; e
nello stesso modo egli ha fatto il genere umano.
29 Non aver paura di questo carnefice. Sii degno
dei tuoi fratelli e accetta la morte. Così, io ti riavrò insieme
ai tuoi fratelli, quando il Signore manifesterà la sua
misericordia».
30 La madre stava ancora
parlando, quando il giovane disse: «Che cosa aspettate? Io non ubbidisco al
comando del re, ma solo alla legge che Dio ha dato ai nostri padri per mezzo di
Mosè.
31 E tu, che sei il responsabile di
tutti i mali piombati sugli Ebrei, non sfuggirai al giudizio di Dio.
32 Noi soffriamo per i nostri peccati.
33 Ora il Signore nostro, il Vivente, si
è sdegnato con noi per breve tempo, e per questo ci castiga e ci
corregge. Ma egli si riconcilierà di nuovo con noi, suoi servi.
34 E tu, che sei il più empio e crudele
di tutti gli uomini, non esaltarti come uno stupido. Non abbandonarti a vane
speranze, mentre alzi la mano contro i figli di Dio.
35 Tu non sei ancora sfuggito al giudizio di Dio
che è Onnipotente e vede tutto.
36 Ora, i
miei fratelli hanno sopportato un tormento breve, e in vista della vita eterna,
sono morti per amore dell'alleanza di Dio. Tu, invece, sarai condannato da Dio e
riceverai i castighi che ti meriti per la tua superbia.
37 Io, insieme ai miei fratelli, sacrifico il
corpo e la vita per le leggi dei padri. Prego Dio perché si dimostri
presto misericordioso con il suo popolo, e perché tu, fra tormenti e
flagelli, possa riconoscere che egli è il solo Dio.
38 L'ira di Dio Onnipotente, che giustamente ha
colpito la nostra stirpe, possa finire con me e con i miei
fratelli».
39 Allora il re andò su
tutte le furie e infierì su di lui più crudelmente che sugli
altri. Non sopportava di essere contraddetto e disprezzato.
40 Così anche l'ultimo dei fratelli
morì senza venir meno alla legge: l'unica sua fiducia riposava nel
Signore.
41 Per ultima, dopo i figli,
morì anche la madre.
42 Ma dei banchetti
sacrificali e delle eccessive crudeltà abbiamo già scritto
abbastanza.
LE IMPRESE DI GIUDA IL MACCABEO
CAPITOLO
8
GIUDA MACCABEO SI DA ALLA MACCHIA
1 Intanto Giuda Maccabeo e i
suoi compagni entravano di nascosto nei villaggi. Raccoglievano attorno a
sé i parenti e quelli che erano rimasti fedeli alla legge. In tutto
formarono un gruppo di circa seimila persone.
2
Essi pregavano il Signore di guardare con amore il popolo, che era calpestato da
tutti; di voler risparmiare il tempio, profanato da uomini empi;
3 di avere pietà della città che
andava in rovina e stava per essere rasa al suolo. Gli chiedevano anche di
vendicare il sangue dei martiri che gridava verso di lui;
4 di ricordarsi dei bambini innocenti, che erano
stati ingiustamente massacrati, e di punire tutti quelli che avevano bestemmiato
contro di lui.
5 Giuda Maccabeo organizzò
quel gruppo di uomini, e i pagani non poterono resistergli. Infatti Dio, che
prima era sdegnato con loro, ora si mostrava benevolo.
6 Giuda piombava improvvisamente su città
e villaggi e li incendiava. Occupava le posizioni migliori e spesso metteva in
fuga moltissimi nemici
7 Per queste razzie, egli
preferiva la notte. Intanto la fama della sua bravura si diffondeva
dappertutto.
GIUDA SCONFIGGE NICANORE
(vedi 1 Maccabei 3, 38-4,
27)
8 Filippo si accorse che Giuda a poco a poco
migliorava le sue posizioni, e i suoi successi si facevano sempre più
frequenti. Allora scrisse a Tolomeo, governatore delle regioni della Celesiria e
della Fenicia e gli chiese di intervenire per difendere gli interessi del re.
9 Tolomeo scelse immediatamente Nicanore, figlio
di Patroclo, uno dei più stretti collaboratori del re, e lo inviò,
alla testa di un esercito di almeno ventimila soldati di varie nazioni, con
l'ordine di sterminare la razza ebraica. Mandò con lui anche Gorgia, un
comandante di professione, molto esperto in strategia militare.
10 Nicanore doveva pagare ai Romani, come
tributo, quasi settecento quintali d'argento. Si propose allora di mettere
insieme tutti quei soldi, vendendo come schiavi gli Ebrei che avrebbe fatti
prigionieri.
11 Perciò invitò
subito le città situate sulla riva del mare a comprarli: prometteva loro
novanta Ebrei per la somma di trentaquattro chili d'argento. Non pensava affatto
che Dio Onnipotente stava per colpirlo con la sua vendetta.
12 La notizia dell'avanzata di Nicanore
arrivò a Giuda. Egli informò i suoi compagni che l'esercito nemico
era vicino.
13 Allora, tra i suoi soldati,
quelli che erano paurosi e non avevano fiducia nella giustizia di Dio fuggirono
e cercarono rifugio altrove.
14 Gli altri,
invece, vendettero tutto quello che avevano e si misero a pregare il Signore di
salvarli da Nicanore, quel maledetto, che li aveva venduti ancora prima della
battaglia.
15 E lo pregavano appoggiandosi non
sui loro meriti, ma sull'alleanza che egli aveva fatto con i loro padri. Avevano
fiducia, perché su di loro era stata invocata la sua protezione santa e
gloriosa.
16 Allora Giuda Maccabeo radunò
i suoi uomini: seimila in tutto. Li esortò a non lasciarsi prendere dalla
paura davanti ai nemici. Non si dovevano preoccupare se i pagani, che stavano
per attaccarli senza alcun motivo, erano una grande massa. Per incitarli a
combattere con coraggio ricordò loro alcuni fatti.
17 Bastava che tenessero davanti agli occhi
l'orribile oltraggio compiuto dai nemici verso il tempio; la desolazione e
l'umiliazione della città di Gerusalemme e, da ultimo, l'abolizione delle
tradizioni degli antenati.
18 Tra l'altro disse:
«Quelli confidano nelle loro armi e nel loro valore! noi invece confidiamo
in Dio, che è Onnipotente e può con un solo cenno distruggere non
soltanto i nemici, che ora ci assalgono, ma il mondo intero!».
19 Infine Giuda ricordò ai suoi uomini le
occasioni in cui Dio aveva aiutato i loro antenati: come, al tempo del re
Sennacherib, erano periti centottantamila nemici;
20 e anche come in Babilonia, nella battaglia
contro i Galati, gli Ebrei erano andati all'attacco con appena ottomila uomini.
Essi combattevano allora al fianco di quattromila Macedoni; ma i Macedoni
vennero a trovarsi in difficoltà e gli ottomila Ebrei, aiutati dal
Signore, riuscirono da soli a sterminare centoventimila nemici, e fecero anche
un grosso bottino.
21-22 Con queste parole
riuscì a infondere tanto coraggio ai suoi soldati, che essi erano ormai
pronti anche a morire per la legge di Dio e per la patria. Allora egli divise
l'esercito in quattro corpi di millecinquecento uomini ciascuno. Al comando di
ciascun corpo c'erano, oltre a lui, i suoi fratelli Simone, Giuseppe e Gionata.
23 Poi incaricò Eleazaro di leggere il
libro santo. Dopo aver data la parola d'ordine «E' Dio che ci aiuta!»,
Giuda, alla testa del primo reparto dell'esercito, attaccò
Nicanore.
INTERVENTO STRAORDINARIO DI
DIO
24 Dio, con la sua onnipotenza,
combatté al loro fianco. Così Giuda e i suoi uomini uccisero
più di novemila nemici. Ferirono e mutilarono molti dei soldati di
Nicanore e costrinsero tutti gli altri a fuggire.
25 Riuscirono anche a mettere le mani sul denaro
dei mercanti, che erano venuti a comprarli come schiavi. Inseguirono i nemici in
fuga per un bel pezzo di strada; ma poi tornarono indietro, perché si era
fatto tardi
26 ed era la vigilia del sabato.
Perciò non continuarono l'inseguimento,
27 ma si limitarono a raccogliere le armi e i
bagagli dei nemici. Poi passarono il sabato benedicendo più che mai il
Signore. Lo lodarono perché in quell'occasione aveva fatto scendere su di
loro, come rugiada, le prime gocce della sua misericordia.
28 L'indomani distribuirono una parte del
bottino alle vittime della persecuzione, alle vedove e agli orfani. Il resto lo
divisero tra loro stessi e i propri figli.
29
Infine, si misero a pregare tutti insieme. Chiesero al Signore di avere
misericordia e di trattare con bontà i suoi
servi.
GIUDA SCONFIGGE ANCHE TIMOTEO E BACCHIDE
30 Giuda e i suoi uomini
attaccarono anche i soldati di Timoteo e di Bacchide e ne uccisero più di
ventimila. Si impadronirono di alcune fortezze situate sulle alture. Divisero il
grosso bottino in parti uguali: per sé, per i perseguitati, per gli
orfani e le vedove, senza dimenticare gli anziani.
31 Raccolsero con cura le armi dei nemici e le
deposero in luoghi sicuri, il resto del bottino lo portarono invece a
Gerusalemme.
32 In quell'occasione Giuda e i
suoi uomini uccisero anche un capotribù del seguito di Timoteo, un
farabutto che aveva fatto molto male agli Ebrei.
33 Tornati a Gerusalemme, mentre festeggiavano
la vittoria, bruciarono vivi quelli che avevano incendiato le porte del tempio e
che insieme con Callistene avevano cercato rifugio in una piccola casa.
Così quegli empi furono ripagati come si
meritavano.
NICANORE FUGGE AD ANTIOCHIA
34 Nicanore, quel gran
maledetto, aveva portato con sé mille mercanti per vendere gli Ebrei come
schiavi.
35 Ma, grazie all'intervento del
Signore, fu umiliato proprio da loro che lui credeva buoni a nulla. Egli
buttò via la sua splendida veste e si mise a fuggire per i campi, come
uno schiavo appena scappato. Arrivò ad Antiochia solo e abbandonato da
tutti. E poteva ancora dirsi fortunato, dopo che il suo esercito era stato
distrutto.
36 Nicanore aveva promesso ai Romani
di pagare il tributo con la vendita dei cittadini di Gerusalemme che avrebbe
fatto prigionieri. Ora proprio lui diceva apertamente che il Dio degli Ebrei era
un grande difensore. Anzi affermava che erano invincibili perché
seguivano le leggi che quel difensore aveva loro comandato di
osservare.
CAPITOLO
9
ANTIOCO EPIFANE SI AMMALA GRAVEMENTE
(vedi 1 Maccabei 6, 1-17; 2
Maccabei 1, 11-17)
1 In quel tempo il re Antioco
dovette tornare sconfitto dalle regioni della Persia.
2 Egli era entrato nella città di
Persepoli e si era messo a saccheggiare il tempio e ad opprimere la
città. Ma la popolazione si era ribellata e aveva impugnato le armi.
Così Antioco fu messo in fuga dagli abitanti di quella città e fu
costretto a una ritirata vergognosa.
3 Quando
arrivò nei dintorni della città di Ecbatana, Antioco venne a
sapere quello che era successo a Nicanore e ai soldati di Timoteo.
4 Allora, preso dal furore, si propose di far
pagare agli Ebrei lo smacco di essere stato costretto a fuggire. Perciò
ordinò al cocchiere di accelerare senza sosta la corsa del carro e di non
fermarsi per nessuna ragione prima della fine del viaggio. Ma Dio gli stava
vicino con il suo giudizio. Antioco nella sua superbia disse: «Quando
arriverò a Gerusalemme, farò di quella città la fossa
comune degli Ebrei!».
5 Ma il Signore, il
Dio d'Israele che vede tutto, lo colpì con una piaga incurabile e
invisibile. Appena ebbe finito di dire quelle parole, Antioco fu subito assalito
da atroci fitte di mal di ventre.
6 Era proprio
quello che si meritava uno come lui che aveva torturato sul ventre tante
persone, con svariati e barbari tormenti.
7 Ma
Antioco non rinunziò affatto alla sua arroganza. Era talmente pieno di
superbia, che dalle sue narici sprizzava fiammate d'ira contro gli Ebrei.
Ordinò di accelerare ancora la corsa. E all'improvviso cadde dal carro.
La caduta fu tanto violenta che egli rimase ferito in tutte le parti del corpo.
8 Prima Antioco si riteneva onnipotente:
pretendeva di comandare alle onde del mare e si illudeva di poter pesare le
più alte montagne con la bilancia. Allora, scaraventato a terra, dovette
essere portato via su una lettiga. Così tutti poterono vedere quanto
è potente Dio.
9 Gli occhi di quell'empio
si riempivano di vermi e le sue carni, mentre lui era ancora in vita, gli
cadevano a pezzi tra atroci dolori. Puzzava tanto che tutto l'esercito era
stomacato dalla nausea che gli faceva venire quel putridume.
10 Poco prima Antioco credeva di poter
raggiungere le stelle del cielo; ora nessuno resisteva a stargli vicino, tanto
era insopportabile la sua puzza.
ANTIOCO SEMBRA CONVERTIRSI
11 A quel punto, tutto coperto
di ferite, Antioco cominciò a mettere da parte tutta la sua superbia.
Tormentato dal dolore, che non gli dava tregua, cominciò a vedere le cose
nella loro giusta luce e capì che era Dio a castigarlo.
12 Non riusciva più nemmeno lui a
sopportare il fetore che emanava. Alla fine riconobbe: «E' giusto
sottomettersi a Dio. Nessun mortale può pretendere di essergli
uguale!».
13 Quel maledetto si mise allora
a pregare il Signore, ma il Signore non poteva più avere misericordia di
lui. Antioco promise
14 al Signore di dichiarare
libera Gerusalemme, la città santa, dove prima voleva recarsi con tanta
fretta per raderla al suolo e farne una fossa di cadaveri.
15 Prima pensava che gli Ebrei non erano degni
di sepoltura, ma buoni soltanto a servire da cibo agli uccelli rapaci o a essere
gettati in pasto alle belve, essi e i loro bambini. Ora, invece, si
impegnò a dare agli Ebrei gli stessi privilegi che godevano gli Ateniesi.
16 Promise poi di abbellire il tempio santo con
magnifici doni, lui che prima l'aveva saccheggiato. Era deciso a restituire i
vasi sacri del tempio, e in numero ancora maggiore, e si impegnava anche a
provvedere di tasca sua alle spese per l'offerta dei sacrifici.
17 Arrivò persino a promettere di farsi
ebreo e di mettersi a percorrere il mondo intero, con l'intenzione di proclamare
dappertutto la potenza di Dio.
18 Ma il giusto
giudizio di Dio pesava ormai su di lui e le sue sofferenze non gli diedero
tregua un solo istante. Alla fine, privo di ogni speranza, Antioco scrisse agli
Ebrei una lettera che aveva il tono di una supplica. Il testo della lettera era
questo:
19 «Il re e comandante supremo
Antioco augura agli ottimi cittadini ebrei gioia, salute e prosperità.
20 Se voi e i vostri figli state bene e gli
affari vanno secondo i vostri desideri, io ringrazio vivamente il cielo.
21 «Io, da un po' di tempo, mi sento senza
forze, ma vi ricordo con affetto. Dopo il mio ritorno dalla Persia, sono caduto
in una brutta malattia. Perciò ritengo necessario pensare alla sicurezza
di tutti.
22 Non che io disperi della mia
situazione; al contrario ho una grande fiducia di guarire.
23 «Ricordo però che anche mio
padre, quando fece spedizioni nelle regioni settentrionali designò lui
stesso il suo successore.
24 Così nel
caso di qualche imprevisto o di qualche brutta notizia, gli abitanti del paese
non dovevano preoccuparsi, perché sapevano a chi era stato lasciato il
potere.
25 «Io devo tenere conto che i re e
le nazioni vicine stanno all'erta e aspettano solo il momento buono per
approfittarne. Perciò ho designato re mio figlio Antioco, che spesso
affidai e raccomandai ai più ragguardevoli di voi quando dovevo andare
nelle regioni settentrionali per motivi urgenti. Ho mandato a mio figlio Antioco
la lettera qui allegata.
26 «Vi prego
dunque, anzi vi scongiuro, di ricordarvi dei benefici pubblici o privati che
avete ricevuto da me. Ognuno di voi conservi verso mio figlio la stessa
benevolenza che avete avuto verso di me.
27 Sono
convinto infatti che lui, pieno di umanità, seguirà
scrupolosamente il mio programma e verrà incontro ai vostri
desideri».
28 Così, quell'assassino
che aveva maledetto Dio dovette soffrire pene orribili, come lui ne aveva fatte
patire agli altri. E fece una misera fine: morì in terra straniera, in
una zona di alta montagna.
29 Il suo cadavere fu
portato via da Filippo, suo stretto collaboratore. Ma poi Filippo, che non si
fidava del figlio di Antioco, si rifugiò in Egitto, da Tolomeo
Filometore.
CAPITOLO
10
GIUDA PURIFICA IL TEMPIO E RESTAURA IL CULTO
(vedi 1 Maccabei 4,
36-61)
1 Giuda Maccabeo e i suoi compagni,
guidati dal Signore, riconquistarono il tempio e la città di Gerusalemme.
2 Demolirono gli altari che i pagani avevano
costruito sulla piazza del mercato e distrussero tutti i loro luoghi di culto.
3 Poi purificarono il tempio e costruirono un
nuovo altare. Accesero il fuoco con scintille fatte sprigionare da pietre focaie
e offrirono sacrifici per la prima volta dopo due anni di interruzione. Fecero
bruciare l'incenso, accesero le lampade ed esposero i pani sacri sulla mensa.
4 Dopo aver compiuto questi riti, si prostrarono
a terra e pregarono il Signore di non farli mai più cadere in una
disgrazia simile. Gli domandarono di castigarli subito con moderazione, se
succedeva loro di peccare, ma di non abbandonarli nelle mani di gente empia e
crudele.
5 Il tempio fu purificato proprio
nell'anniversario del giorno in cui i pagani lo avevano profanato. Difatti era
il 25 del mese chiamato Casleu.
6 Gli Ebrei
fecero festa per otto giorni, come in occasione della festa delle Tende. Era
ancora vivo in loro il ricordo di come, poco tempo prima, avevano passato la
festa delle Tende: raminghi tra monti e grotte come bestie selvagge.
7 Portarono in processione bastoni ornati, rami
verdi e palme, e innalzarono inni a Dio, che aveva reso possibile la
purificazione del suo tempio.
8 Infine, in
assemblea, decisero di celebrare ogni anno quella data e presero questo impegno,
con votazione unanime, a nome di tutto il popolo ebreo.
ANTIOCO EUPATORE SUCCEDE A SUO PADRE
9 Abbiamo appena raccontato
come morì Antioco, detto Epifane.
10 Ora
descriveremo quello che accadde sotto il regno di Antioco Eupatore, figlio di
quel maledetto. Ci limiteremo però a riassumere i mali provocati dalle
sue guerre.
11 Dopo essere salito al trono,
Antioco Eupatore nominò capo del governo un certo Lisia, che era
governatore delle regioni della Celesiria e della Fenicia.
12 Prima di lui governò quelle regioni
Tolomeo, soprannominato Macrone. Egli però si era sforzato di trattare
gli Ebrei con giustizia e fu il primo a cercare di risolvere pacificamente i
loro problemi, dopo tutte le ingiustizie che avevano subito.
13 Per questo alcuni dei più stretti
collaboratori del re accusarono Tolomeo Macrone presso Antioco Eupatore. Da
tutte le parti Tolomeo si sentiva chiamare traditore. Lo accusavano di aver
abbandonato l'isola di Cipro, che gli era stata affidata da Filometore e di
essere passato dalla parte di Antioco Epifane. Egli allora, resosi conto di non
essere stato all'altezza del suo compito, per disperazione si tolse la vita con
il veleno.
GIUDA ATTACCA LE FORTEZZE DELL'IDUMEA
(vedi 1 Maccabei 5,
1-8)
14 Gorgia, diventato governatore
dell'Idumea, arruolava delle truppe di mercenari e cercava tutti i pretesti per
far guerra agli Ebrei.
15 Nello stesso tempo
anche gli Idumei, che erano padroni di importanti fortezze, facevano
rappresaglie contro gli Ebrei. Nel tentativo di provocarli alla guerra,
accoglievano tutti quelli che erano stati espulsi da Gerusalemme.
16 Allora Giuda Maccabeo e i suoi soldati fecero
una preghiera pubblica e domandarono a Dio di combattere al loro fianco. Poi si
misero in marcia contro le fortezze degli Idumei.
17 Dopo un violento attacco, ottennero il
controllo delle posizioni e respinsero quanti combattevano sulle mura.
Sgozzarono tutti quelli che capitavano sotto: ne uccisero non meno di ventimila.
18 Ma almeno novemila soldati nemici si
rifugiarono in due torri molto fortificate e fornite di tutto quello che ci
vuole per resistere a un assedio.
19 Allora
Giuda Maccabeo lasciò là Simone e Giuseppe, insieme a Zaccheo e ai
suoi soldati, in numero sufficiente per continuare l'assedio. Lui invece
partì per andare altrove, dove era più urgente la sua presenza.
20 Ma i soldati di Simone, attirati dal
guadagno, per denaro si lasciarono corrompere da alcuni nemici assediati nelle
due torri. Intascarono la somma di settantamila monete d'argento e ne lasciarono
scappare un certo numero.
21 Quando venne a
sapere quel che era accaduto, Giuda Maccabeo radunò i capi delle truppe.
Egli accusò i colpevoli di avere venduto per denaro i loro fratelli in
cambio della libertà di alcuni nemici.
22
Perciò mise a morte quei traditori e poi espugnò subito le due
torri.
23 Sotto la sua direzione l'impresa ebbe
successo, e Giuda uccise nelle due fortezze più di ventimila
uomini.
GIUDA OCCUPA GHEZER
24 Timoteo, che in precedenza
era stato sconfitto dagli Ebrei, radunò un grosso esercito di mercenari e
una gran quantità di cavalli provenienti dall'Asia. Poi venne in Giudea
con l'intenzione di conquistarla con le armi.
25
All'avvicinarsi di Timoteo, Giuda Maccabeo e i suoi uomini si misero a
supplicare Dio. In segno di tristezza, si cosparsero il capo di cenere e
indossarono vestiti di sacco.
26 Distesi a terra
ai piedi dell'altare, pregarono il Signore di essere misericordioso con loro e
dimostrarsi nemico dei loro nemici e avversario dei loro avversari, come aveva
promesso nel libro della legge.
27 Al termine
della preghiera, impugnarono le armi, avanzarono fino a una certa distanza da
Gerusalemme e si fermarono vicino ai nemici.
28
L'indomani, appena si fece chiaro, i due eserciti attaccarono battaglia. Gli
Ebrei avevano come garanzia di successo e di vittoria, oltre il proprio valore,
il Signore stesso loro sicuro rifugio. Gli altri, invece, nel combattimento
erano sostenuti solo dal loro furore.
29 Nel
mezzo della battaglia, alla vista dei nemici, apparvero dal cielo cinque uomini
maestosi su cavalli dalle briglie d'oro, che si misero alla testa dei soldati
ebrei.
30 Presero in mezzo a loro Giuda Maccabeo
e gli diedero riparo dietro le loro armature. Così nessuno poteva
più colpirlo. I cinque lanciavano invece lampi e saette sui nemici che,
abbagliati e sconvolti, si dispersero nel più completo disordine.
31 Furono uccisi in tutto
venticinquemilacinquecento fanti e seicento cavalieri nemici.
32 Ma Timoteo riuscì a fuggire in una
fortezza ben difesa, chiamata Ghezer, dove comandava Cherea.
33 Giuda e i suoi uomini, pieni di entusiasmo,
assediarono quella fortezza per quattro giorni.
34 I nemici che si trovavano dentro pensavano di
essere al sicuro e lanciavano orrende bestemmie e insulti.
35 Ma all'alba del quinto giorno, venti giovani
di Giuda Maccabeo, accesi di sdegno per le bestemmie sentite, si scagliarono
contro la fortezza. Con un coraggio da eroi e un impeto da leoni, uccisero tutti
quelli che capitavano loro nelle mani.
36
Intanto, dal lato opposto, altri soldati ebrei attaccarono gli assediati e
incendiarono le torri. Accesero dei roghi e bruciarono vivi quei bestemmiatori.
Il primo gruppo di soldati sfondò la porta e fece entrare il resto
dell'esercito. Essi furono i primi a occupare la città.
37 Timoteo si era nascosto in una cisterna, ma
fu scoperto e ucciso, e con lui anche suo fratello Cherea e Apollofane.
38 Al termine di questa impresa, i soldati ebrei
ringraziarono con inni e canti di lode il Signore, che aveva dato l'aiuto
decisivo a Israele e aveva assicurato loro la
vittoria.
CAPITOLO
11
GIUDA SCONFIGGE LISIA
(vedi 1 Maccabei 4,
26-35)
1 Lisia, tutore e parente del re, e capo
del governo, non poté sopportare l'accaduto. Poco tempo dopo,
2 radunò circa ottantamila fanti e tutta
la sua cavalleria e si mise in marcia contro gli Ebrei. Il suo piano era di
trasformare Gerusalemme in una città di residenza per i Greci,
3 di imporre al tempio le tasse che pagavano i
santuari pagani e di mettere in vendita ogni anno la carica di sommo sacerdote.
4 Lisia non teneva in nessun conto la potenza di
Dio. Si sentiva sicuro perché aveva fanti in gran numero, cavalieri a
migliaia e anche una ottantina di elefanti.
5
Arrivato nella Giudea, si diresse a Bet-Zur, una località ben fortificata
distante circa trenta chilometri da Gerusalemme, e l'assediò.
6 Quando Giuda Maccabeo e i suoi uomini vennero
a sapere che Lisia assediava le loro fortezze, si radunarono con tutto il popolo
e pregarono il Signore, tra gemiti e lacrime, di mandare un angelo buono a
salvare Israele.
7 Poi Giuda Maccabeo per primo
impugnò le armi e incitò gli altri ad affrontare insieme il
pericolo: dovevano portare soccorso ai loro fratelli. Allora tutti compatti si
lanciarono con coraggio contro il nemico.
8
Erano ancora nelle vicinanze di Gerusalemme, quando comparve alla loro testa un
cavaliere vestito di bianco che impugnava armi d'oro.
9 Per questo, tutti insieme ringraziarono Dio
per la sua misericordia e si rinfrancarono nel loro coraggio. Ormai si sentivano
pronti ad assalire non solo uomini, ma anche bestie feroci o mura di ferro.
10 Avanzarono schierati in ordine di battaglia
dietro a quell'alleato venuto dal cielo, perché il Signore aveva avuto
pietà di loro.
11 Si gettarono sui nemici
come leoni. Uccisero undicimila fanti e milleseicento cavalieri e costrinsero
tutto il resto dell'esercito a fuggire.
12 La
maggior parte dei nemici che riuscirono a mettersi in salvo erano feriti e
disarmati. Lo stesso Lisia si salvò soltanto con una fuga
vergognosa.
L'angelo dei MaccabeiTRATTATIVE DI
PACE
(vedi 1 Maccabei 6,
57-61)
13 Ma Lisia non era uno stupido, e si mise
a riflettere sulla sconfitta che aveva appena subita. Si rese conto che gli
Ebrei erano invincibili perché Dio, con la sua potenza, combatteva per
loro.
14 Perciò mandò ad essi
messaggeri, per proporre un giusto accordo di pace. Promise anche di convincere
il re a diventare loro amico.
15 Giuda Maccabeo,
preoccupato per il bene comune, accettò tutte le proposte di Lisia. E il
re, da parte sua, concesse in favore degli Ebrei quello che il Maccabeo aveva
richiesto per scritto a Lisia.
16 Il testo della
lettera che Lisia mandò agli Ebrei è
questo:
«Lisia saluta il popolo
ebrei!
17 «I vostri inviati, Giovanni e
Assalonne, mi hanno presentato il documento qui allegato e mi hanno chiesto di
ratificare le proposte che contiene.
18 Io ho
esposto al re quello che gli doveva essere riferito e, da parte mia, ho
già accordato tutto quello che era di mia competenza.
19 Se voi resterete fedeli al governo, io mi
impegnerò per i vostri interessi anche in futuro.
20 «Ho poi incaricato, per alcune questioni
particolari, i vostri messaggeri e i miei rappresentanti, di trovare una
soluzione insieme con voi.
21 «State
bene!».
La lettera era datata il 24 del mese
di Dioscoro dell'anno 148.
LA LETTERA DEL RE A LISIA
22 Ed ecco ora il testo della
lettera del re: «Il re Antioco saluta Lisia, amico del re.
23 «Mio padre ha ormai raggiunto gli
dèi ed è mio desiderio che i cittadini del mio regno possano
dedicarsi in pace ai loro affari.
24
«Abbiamo saputo che gli Ebrei non vogliono adottare il modo di vivere dei
Greci, come aveva invece comandato mio padre. Essi preferiscono seguire le loro
tradizioni e chiedono di essere autorizzati a osservare le loro leggi.
25 «E' mio desiderio che questo popolo viva
tranquillo come tutti gli altri. Perciò decido che agli Ebrei venga
restituito il tempio e che essi, come cittadini, vivano secondo le tradizioni
dei loro padri.
26 «Perciò tu, o
Lisia, farai bene a mandare tuoi messaggeri da loro, per concludere un accordo.
Così gli Ebrei, una volta venuti a conoscenza della mia decisione,
riprenderanno fiducia e si dedicheranno di buon grado ai loro
affari».
LETTERA DEL RE AGLI EBREI
27 Al popolo degli Ebrei il re
aveva mandato questa lettera: «Il re Antioco saluta l'assemblea dei
responsabili degli Ebrei e tutto il popolo.
28
Mi auguro che voi stiate bene. Quanto a me, io sono in buona salute.
29 «Menelao mi ha riferito che voi volete
tornare nelle vostre terre, per dedicarvi ai vostri
affari
30 Ebbene, tutti quelli che torneranno in
patria entro il trenta del mese di Xantico, saranno sicuri della mia protezione.
31 Inoltre, d'ora in poi, gli Ebrei potranno far
uso, come in passato, dei loro cibi speciali e seguire le proprie leggi. E per
nessun motivo qualcuno di loro avrà più delle noie a causa di
errori commessi soltanto per ignoranza.
32 Vi ho
anche mandato Menelao per tranquillizzarvi.
33
«State bene!». La lettera era datata il 15 del mese di Cantico
dell'anno 48.
LETTERA DEI ROMANI AGLI
EBREI
34 Da parte loro, i Romani mandarono agli
Ebrei questa lettera: «Quinto Memmio, Tito Manlio e Manio Sergio,
ambasciatori romani, salutano il popolo ebreo!
35 «Noi Romani confermiamo tutte le
concessioni che vi ha fatto Lisia, stretto collaboratore del re.
36 Quanto poi alle cose che egli ha pensato di
dover sottoporre al re, vi invitiamo a esaminarle bene.
37 Poi mandateci al più presto messaggeri
con le vostre decisioni. Così potremo presentarle al re nel modo
più conveniente per voi.
38 «State
bene!».
Questa lettera era datata il 15 del
mese di Xantico dell'anno 148.
CAPITOLO
12
GIUDA VITTORIOSO SUI POPOLI VICINI
1 Fatti questi accordi, Lisia
tornò dal re, e gli Ebrei ripresero il lavoro dei campi.
2 Ma in alcune regioni i governatori non
permisero agli Ebrei di vivere e lavorare in pace. Tra essi vanno ricordati
Timoteo e Apollonio, figlio di Genneo; inoltre Girolamo e Demofane e, in
aggiunta, anche Nicanore, comandante dei mercenari di Cipro.
3 Un delitto orrendo fu commesso dagli abitanti
di Giaffa. Essi invitarono gli Ebrei che vivevano con loro a salire con le mogli
e i figli su alcune barche appositamente preparate, e li assicurarono che essi
non avevano alcun rancore contro di loro.
4 Gli
Ebrei accolsero l'invito fiduciosi, perché c'era stato addirittura un
decreto pubblico a quel riguardo. Salirono sulle barche senza alcun sospetto.
Desideravano infatti avere buone relazioni con loro. Ma quando furono in alto
mare, furono fatti affondare. Erano non meno di duecento persone.
5 Venuto a conoscenza di quella brutale
crudeltà commessa contro i suoi connazionali, Giuda Maccabeo
convocò i suoi uomini.
6 Invocò
Dio che è il giudice giusto. Poi marciò contro gli assassini dei
suoi fratelli. Di notte incendiò il porto, bruciò le barche e
uccise tutti quelli che vi avevano cercato rifugio.
7 Poi, visto che le porte della città
erano sbarrate, lasciò Giaffa, ma con il proposito di tornarci, per
sterminare tutti gli abitanti.
8 Intanto Giuda
fu avvertito che anche gli abitanti di Iamnia volevano giocare lo stesso tiro
agli Ebrei che abitavano con loro.
9 Allora,
nottetempo, attaccò la città di Iamnia: incendiò il porto
con tutta la flotta. Il rogo che fece era tanto grande che si vedevano le fiamme
anche da Gerusalemme, alla distanza di oltre quaranta
chilometri.
GIUDA CONQUISTA LA CITTA DI CASFIN
(vedi 1 Maccabei 5,
9-54)
10 Giuda e il suo esercito si misero in
marcia contro Timoteo. Si erano appena allontanati di un chilometro e mezzo,
quando furono assaliti da un esercito di Arabi. Erano non meno di cinquemila
fanti e cinquecento cavalieri.
11 Ne
seguì una battaglia violenta, ma gli uomini di Giuda Maccabeo, aiutati da
Dio, ne uscirono pienamente vincitori. Quei nomadi, quando si videro sconfitti,
chiesero a Giuda di fare la pace, promisero di procurargli del bestiame e di
continuare ad aiutarlo in altri modi.
12 Giuda
Maccabeo, persuaso che gli potevano essere veramente utili in tante cose, fece
con loro la pace. E quelli, concluso l'accordo, si ritirarono nelle loro tende.
13 Giuda attaccò anche un'altra
città fortificata. Era circondata da mura e abitata da gente di diversa
provenienza. Il suo nome era Casfin.
14 Gli
assediati, che si credevano al sicuro, fiduciosi nelle solide mura della
città e nelle loro riserve di viveri, furono quanto mai insolenti verso
Giuda e i suoi uomini: Il coprivano di insulti e urlavano orribili bestemmie.
15 Ma Giuda e i suoi soldati invocarono l'aiuto
di Dio, il grande dominatore del mondo che, ai tempi di Giosuè, aveva
fatto crollare Gerico senza usare né armi né macchine da guerra.
Poi assalirono inferociti le mura di Casfin.
16
Come era nel disegno di Dio, conquistarono la città. Fecero una strage
indescrivibile. Il lago vicino alla città, largo quattrocento metri
circa, alla fine sembrava pieno di sangue.
GIUDA VITTORIOSO ANCHE A CAMION
(vedi 1 Maccabei 5,
37-44)
17 Allontanatisi di centotrenta chilometri
circa, Giuda e i suoi uomini arrivarono a Caraca, presso un gruppo di Ebrei
chiamati Tubiani.
18 Ma non trovarono Timoteo
perché era già partito di là. Egli non aveva concluso
nulla, ma aveva lasciato da quelle parti un presidio molto fortificato.
19 Allora Dositeo e Sosipatro, due comandanti
dell'esercito di Giuda, attaccarono quella fortezza e uccisero tutti i soldati
che Timoteo vi aveva lasciato: erano più di
diecimila
20 Nel frattempo, Giuda Maccabeo divise
il suo esercito in diverse pattuglie, e alla testa di ognuna nominò un
capo. Poi marciò contro Timoteo, che aveva ai suoi ordini centoventimila
fanti e duemilacinquecento cavalieri.
21 Quando
fu informato dell'avanzata di Giuda, Timoteo mandò avanti le donne e i
bambini con il grosso dei bagagli, per farli rifugiare in una località
chiamata Carnion. Si trovava in un posto inespugnabile ed era anche difficile
raggiungerla perché i passaggi, nella zona, erano tutti strettissimi.
22 Ma quando comparve la prima pattuglia di
Giuda, i nemici furono invasi da una grande paura, perché si era
manifestato il Dio che vede tutto.
23 Essi
cominciarono a fuggire, chi da una parte e chi dall'altra. Nella confusione
della fuga, in molti casi si ferivano l'un l'altro, colpiti dalla spada dei
propri compagni. Giuda insegui senza tregua quei criminali. Ne uccise circa
trentamila.
24 Timoteo era già caduto
nelle mani di Dositeo e Sosipatro. Ma si valse di una grande astuzia: chiese di
lasciarlo andare sano e salvo. Disse che teneva in ostaggio i genitori o i
fratelli di molti di loro e minacciò che sarebbero stati uccisi se lo
toccavano.
25 Promise invece di restituire gli
ostaggi, senza torcere loro un capello, se lo lasciavano libero. Li
assicurò in tutti i modi che avrebbe mantenuto quell'impegno. E
così gli Ebrei lo rilasciarono, per salvare la vita ai propri fratelli.
26 Poi Giuda tornò a Camion, dove si
trovava un santuario della dea Astarte, chiamato Atergateo. Lo attaccò e
uccise venticinquemila persone.
GIUDA TORNA VITTORIOSO A GERUSALEMME
(vedi 1 Maccabei 5,
45-54)
27 Dopo quella completa vittoria sui
nemici, Giuda Maccabeo marciò anche contro la fortezza di Efron, dove si
trovava Lisania. Sulle mura della città erano appostati giovani robusti
che la difendevano con coraggio, e all'interno i nemici avevano una gran
quantità di macchine da guerra e di proiettili.
28 Ma gli Ebrei invocarono l'aiuto del Signore
che, con la sua potenza, spezza la resistenza dei nemici. Riuscirono a
conquistare Efron e uccisero venticinquemila abitanti.
29 Di là si diressero verso Scitopoli,
una città distante da Gerusalemme circa centodieci chilometri.
30 Ma gli Ebrei di quella città li
assicurarono che gli abitanti di Scitopoli li avevano trattati bene e li avevano
aiutati anche durante i momenti più brutti.
31 Allora Giuda e i suoi soldati ringraziarono
la gente di Scitopoli e li pregarono di dimostrarsi ben disposti verso gli Ebrei
anche in futuro. Poi tornarono a Gerusalemme, appena in tempo per la festa delle
Settimane.
GIUDA SCONFIGGE GORGIA
32 Celebrata quella festa,
chiamata anche Pentecoste, gli Ebrei si misero in marcia contro Gorgia,
governatore dell'Idumea.
33 Gorgia era alla
testa di tremila fanti e di quattrocento cavalieri.
34 Nella battaglia cadde però un piccolo
numero di soldati ebrei.
35 Un certo Dositeo, un
cavaliere valoroso del gruppo di Ebrei chiamati Tubiani, riuscì a mettere
le mani su Gorgia. Lo prese per la divisa e si mise a trascinarlo di peso,
perché voleva catturare quel maledetto. Ma un cavaliere originario della
Tracia si gettò contro Dositeo e con un colpo gli tagliò via il
braccio. Così Gorgia fuggì nella città di Maresa.
36 Gli Ebrei, comandati da Esdrin, combattevano
da tanto tempo e, a un certo punto, quasi crollavano per la stanchezza. Allora
Giuda Maccabeo pregò il Signore di mettersi al loro fianco e di guidarli
nella battaglia.
37 Poi intonò in ebraico
il grido di guerra e altri canti. Attaccò di sorpresa gli uomini di
Gorgia e li mise in fuga.
UN SACRIFICIO
OFFERTO PER I MORTI
38 In seguito, Giuda
radunò l'esercito e raggiunse la città di Odollam. Stava per
iniziare il settimo giorno della settimana. Perciò si purificarono
secondo l'usanza e là celebrarono
il
sabato.
39 Era
diventato ormai urgente raccogliere i cadaveri dei soldati caduti.
Perciò, l'indomani, Giuda e i suoi uomini andarono a prenderli per
seppellirli nelle tombe di famiglia insieme ai loro parenti.
40 Ma sotto la tunica di ciascuno di loro
trovarono degli amuleti dedicati agli idoli di Iamnia, oggetti che la legge
proibisce espressamente agli Ebrei di portare addosso. Così tutti
capirono perché quei soldati erano morti.
41 Allora lodarono l'opera del Signore, il
giudice giusto che svela le cose nascoste.
42 E
poi si misero a pregarlo, per ottenere il completo perdono di quel peccato. Il
nobile Giuda esortò la sua gente a tenersi lontana dal male,
perché avevano visto con i loro occhi quel che era capitato a quei
soldati, morti in battaglia a causa del loro peccato.
43 Poi Giuda fece una colletta fra il suo
esercito. Raccolse del denaro da ciascun soldato e mandò a Gerusalemme la
somma di duemila monete d'argento, e con esse fece offrire un sacrificio per il
perdono dei peccati. Il suo fu un gesto bello e nobile, suggerito dalla fiducia
nella risurrezione.
44 Infatti, se Giuda non
avesse sperato che quei soldati caduti sarebbero risorti, non avrebbe avuto
nessun senso pregare per i morti.
45 Invece
Giuda era sicuro che a quanti fanno una morte santa è destinata una
ricompensa magnifica. Perciò egli si lasciò ispirare da un
pensiero santo e bello. E proprio per quel motivo fece offrire un sacrificio per
il perdono, perché quei morti fossero liberati dal loro
peccato.
CAPITOLO
13
ANTIOCO FA UCCIDERE MENELAO
1 Nell'anno 149
dell'èra greca, Giuda e i suoi uomini vennero a sapere che Antioco
Eupatore stava per invadere la Giudea con numerose truppe.
2 Era accompagnato anche da Lisia, suo tutore e
capo del governo. Ciascuno dei due era alla testa di un esercito greco di
centodiecimila fanti, cinquemilacinquecento cavalieri, ventidue elefanti e
trecento carri da guerra muniti di falci.
3 Si
unì a loro anche Menelao. Egli, con molta astuzia, si mise a istigare
ancor più Antioco. Era tutt'altro che mosso da amor di patria. Coltivava
soltanto la segreta speranza di tornare al potere.
4 Ma Dio, il re dei re, suscitò contro
quel disgraziato le ire di Antioco. Lisia dimostrò al re che era Menelao
il colpevole di tutti i suoi guai. Allora Antioco ordinò di portare
Menelao a Berea e di farlo morire come i condannati a morte di quelle parti.
5 Là c'era una torre alta più di
venticinque metri, piena di cenere. Essa aveva in cima una speciale macchina
rotante, inclinata da tutte le parti, che faceva affondare senza scampo nella
cenere.
6 Era usata per i colpevoli di furto
sacrilego o di qualche altro delitto particolarmente grave. Perché
morissero, essi venivano sospinti su quella torre e gettati giù.
7 E quello fu anche il destino riservato
all'infelice Menelao, che morì così senza nemmeno sepoltura.
8 Era proprio la fine che si meritava. Aveva
attentato in molti modi alla santità dell'altare dove c'erano il fuoco
sacro e la cenere, e nella cenere trovò la
morte.
LA VITTORIA DEGLI EBREI A MODIN
9 Il re Antioco si era messo
in marcia con l'animo pieno di ferocia, e voleva trattare gli Ebrei con sistemi
più crudeli di quelli usati da suo padre.
10 Giuda Maccabeo, appena lo venne a sapere,
ordinò al popolo di invocare il Signore, giorno e notte, senza
interruzione. Dovevano chiedergli di aiutarli, come aveva fatto tante volte in
passato, perché erano sul punto di perdere tutto: la legge, la patria e
il tempio santo.
11 Il loro popolo si era appena
ripreso. Il Signore non doveva lasciarli cadere nelle mani di quei pagani
insolenti.
12 Tutti d'accordo ubbidirono
all'ordine di Giuda. Per tre giorni e tre notti restarono prostrati a terra e
fecero digiuno. Ininterrottamente, tra gemiti, invocarono il Signore
perché avesse pietà di loro. Alla fine, Giuda Maccabeo fece un
discorso per incoraggiarli e disse loro di tenersi pronti a combattere.
13 Convocò i responsabili del popolo, e
al termine del consiglio di guerra decise di attaccare subito l'esercito del re,
senza aspettare di lasciargli invadere la Giudea e assediare Gerusalemme. Era
sicuro di risolvere in modo favorevole la situazione, per la fiducia che aveva
nell'aiuto di Dio.
14 Perciò
affidò al Creatore stesso del mondo l'esito della sua impresa.
Incitò i suoi uomini a combattere eroicamente, disposti anche a morire
per difendere le leggi, il tempio, la patria e le istituzioni. Fece accampare
l'esercito nei pressi della città di Modin,
15 e diede ai suoi soldati, come parola
d'ordine, "vittoria di Dio!". Poi scelse tra i suoi soldati più valorosi
alcuni giovani. Li prese con sé e di notte attaccò l'accampamento
dove era il quartier generale di Antioco. Essi uccisero circa duemila uomini e
ammazzarono anche il più grosso degli elefanti e l'uomo che lo guidava.
16 Alla fine, l'accampamento nemico era pieno di
confusione e di spavento, ed essi si ritirarono vittoriosi.
17 Quando portarono a termine la loro impresa,
compiuta con l'aiuto del Signore che proteggeva Giuda, ormai si faceva
giorno.
NUOVA SPEDIZIONE DI ANTIOCO IN GIUDEA
(vedi 1 Maccabei 6,
48-63)
18 Avuta quella prova del coraggio degli
Ebrei, il re Antioco tentò di occupare la Giudea con astuzia.
19 Attaccò Bet-Zur, una fortezza ebraica
molto solida, ma gli Ebrei lo respinsero e il suo esercito fu sconfitto e
decimato.
20 Nel frattempo, Giuda aveva
procurato agli assediati il necessario per resistere.
21 Purtroppo però vi fu, tra i soldati
ebrei, un certo Rodoco, che rivelò i loro segreti militari ai nemici. Ma
fu scoperto e quindi arrestato e giustiziato.
22
Allora, per la seconda volta, il re Antioco fu costretto a trattative con i
soldati ebrei che difendevano Bet-Zur. Fece proposte di pace, concluse un
accordo e partì. Poi attaccò l'esercito di Giuda, ma fu sconfitto.
23 Il re, alla sua partenza, aveva lasciato ad
Antiochia Filippo, come responsabile degli affari. Ma proprio allora venne a
sapere che Filippo si era ribellato e ne restò sconvolto. Convocò
gli Ebrei e fece con essi trattative di pace. Accettò le loro richieste e
giurò di rispettare i loro diritti. Così si riconciliò con
loro. Poi onorò il tempio di Gerusalemme, dove offrì un sacrificio
e lasciò un'offerta generosa,
24 e
accolse con cordialità Giuda Maccabeo. In quell'occasione, Antioco
nominò Egemonide comandante di tutta la regione che va dalla città
di Tolemaide fino al territorio dei Gerreni.
25
Ma quando Antioco si recò a Tolemaide, trovò negli abitanti molto
malcontento per l'accordo fatto con gli Ebrei. Essi erano talmente infuriati che
volevano annullano.
26 Ma Lisia salì
sulla tribuna e si difese nel modo più convincente possibile.
Riuscì a persuaderli e a calmare gli animi. Quando fu certo che
approvavano il suo operato, partì per Antiochia. Così andarono i
fatti in quella spedizione e nella successiva ritirata del re
Antioco.
CAPITOLO
14
SPEDIZIONE DI NICANORE
(vedi 1 Maccabei 7,
1-38)
1 Tre anni più tardi, Giuda Maccabeo
e i suoi uomini vennero a sapere che Demetrio, figlio di Seleuco, era sbarcato
nel porto di Tripoli con la sua flotta e un grosso esercito.
2 Aveva occupato la regione e ucciso il re
Antioco e anche Lisia, suo rappresentante.
3
C'era un certo Alcimo, che in passato era stato sommo sacerdote, ma al tempo
della ribellione si era volontariamente compromesso e reso indegno di quella
carica. Egli era persuaso di essere ormai completamente screditato e che non
avrebbe più potuto avvicinarsi al santo altare.
4 Verso l'anno 151 dell'èra greca, si
recò dal re Demetrio e gli offrì in dono una corona d'oro, una
palma e anche alcuni rami d'ulivo, simili a quelli che si portano al tempio. Per
quel giorno non fece altro.
5 Ma non si
lasciò sfuggire l'occasione per mettere in atto il piano folle che aveva
in mente. Demetrio lo invitò a partecipare al Consiglio di stato e lo
interrogò sulle condizioni e i progetti degli Ebrei. Alcimo rispose:
6 «Il gruppo di Ebrei chiamati Asidei che
ha per capo Giuda Maccabeo, provoca guerre e ribellioni e non lascia in pace il
tuo regno.
7 Anch'io ho perso la carica di sommo
sacerdote che avevano i miei antenati, e ora sono qui per due motivi:
8 anzitutto perché mi stanno sinceramente
a cuore gli interessi del re; in secondo luogo, perché sono preoccupato
delle condizioni in cui si trovano i miei connazionali. Tutta la nostra gente
soffre molto a causa della pazzia di quegli Ebrei che ho nominato poco fa.
9 Ora che sei venuto a conoscenza della
situazione, tu, o re, intervieni e salva il nostro paese e la nostra nazione dal
pericolo che li minaccia. Dimostra anche verso di noi la benevolenza e la
bontà che hai verso tutti.
10
Finché Giuda sarà in vita, lo stato non potrà mai aver
pace».
11 Appena Alcimo ebbe finito di
parlare, gli altri collaboratori del re, ostili alla politica di Giuda,
istigarono ancor più Demetrio.
12 Il re
scelse subito Nicanore, capo delle truppe con gli elefanti. Lo nominò
governatore della Giudea e lo fece partire
13 con
l'ordine di uccidere Giuda, disperdere quelli che erano con lui e restituire ad
Alcimo la carica di sommo sacerdote nel grande tempio di Gerusalemme.
14 Allora i pagani della Giudea che si erano
dispersi davanti a Giuda, si unirono in massa ai soldati di Nicanore, nella
speranza di poter approfittare delle molte disgrazie degli
Ebrei.
NICANORE FA LA PACE CON GIUDA
15 Quando gli Ebrei vennero a
sapere che l'esercito di Nicanore stava avanzando per aggredirli e che si erano
uniti a lui i pagani della regione, si coprirono di cenere e invocarono l'aiuto
di Dio. Egli si era scelto Israele come suo popolo e aveva sempre protetto i
suoi eletti con evidenti prodigi.
16 Poi, al
comando del loro capo, partirono subito dal luogo dove si trovavano e
attaccarono il nemico nei pressi del villaggio di Dessau.
17 Anche Simone, fratello di Giuda, aveva dato
battaglia a Nicanore, ma poi, in un attacco a sorpresa da parte dei nemici,
aveva subito una leggera sconfitta.
18 Tuttavia
Nicanore era venuto a sapere che i soldati di Giuda erano valorosi e
combattevano con coraggio per difendere la patria. Perciò cercava di non
arrivare a uno scontro decisivo, per non spargere inutilmente sangue.
19 E mandò Posidonio, Teodoto e Mattatia
per trattare la pace.
20 Dopo un esame attento
delle proposte, i comandanti delle due parti informarono le loro truppe. Il
parere fu unanime: erano tutti d'accordo di fare la pace.
21 Si fissò allora la data per un
incontro privato dei capi. Quel giorno i due eserciti fecero avanzare un carro
da guerra, sul quale poi collocarono i seggi d'onore.
22 Nel frattempo, Giuda aveva fatto appostare in
punti strategici uomini armati e pronti a intervenire nel caso di un attacco a
tradimento da parte dei nemici. Ma quell'incontro finì con un accordo di
pace.
23 In seguito, Nicanore si fermò
per un po' di tempo a Gerusalemme, dove non fece nulla di ingiusto. Anzi
allontanò quella gentaglia che si era ammassata attorno a lui.
24 Nicanore incontrava spesso Giuda e si
affezionò sinceramente a lui.
25 Lo
consigliò di sposarsi per farsi una famiglia. Così Giuda si
sposò e iniziò a condurre una vita tranquilla, come un cittadino
ordinario.
ALCIMO RIACCENDE LE OSTILITA - NICANORE MINACCIA IL TEMPIO
26 Ma Alcimo, visto che
Nicanore e Giuda andavano d'accordo, si procurò una copia del loro
trattato e andò da Demetrio. Accusò Nicanore di cospirare contro
lo stato e di avere persino designato come suo successore Giuda, nemico giurato
del suo regno.
27 Il re andò su tutte le
furie e, mosso dalle calunnie di quel criminale, scrisse a Nicanore per dirgli
che non riconosceva quegli accordi e gli ordinò di mandargli subito ad
Antiochia il Maccabeo incatenato.
28 Appena
ricevette quel messaggio, Nicanore rimase sconvolto: non poteva rassegnarsi
all'idea di tradire un amico che non aveva fatto nulla di male ed era sempre
rimasto fedele ai patti.
29 Ma non poteva
opporsi alla volontà del re, e allora restò in attesa di
un'occasione favorevole per eseguire, con uno stratagemma, l'ordine del re.
30 Intanto Giuda Maccabeo si accorse che
Nicanore si mostrava più freddo con lui e nei loro incontri abituali lo
trattava con meno affabilità. Si rese conto che quell'atteggiamento non
prometteva nulla di buono. Radunò molti dei suoi uomini e non si fece
più vedere da Nicanore.
31 Quando
Nicanore capi che Giuda l'aveva giocato d'astuzia salì al grande e santo
tempio di Gerusalemme. Era l'ora in cui i sacerdoti offrivano i consueti
sacrifici. Ordinò loro di consegnargli quell'uomo.
32 Essi dichiararono con giuramento di non
sapere dove si trovava.
33 Allora Nicanore stese
la mano verso il tempio e fece questo giuramento: «Se voi non mi consegnate
Giuda incatenato, io raderò al suolo questo tempio di Dio e
distruggerò l'altare. Alloro posto costruirò un bel tempio in
onore dei dio Dioniso!».
34 Detto questo,
se ne andò. Allora i sacerdoti levarono le mani verso il cielo e
incominciarono a invocare colui che ha sempre protetto il nostro popolo.
Dicevano:
35 «Tu, o Signore, non hai
bisogno di niente, eppure hai voluto avere in mezzo a noi questo tempio come tua
Abitazione.
36 Tu solo, o Signore, sei santo!
Non permettere più che venga profanata la tua casa, che è stata
purificata da poco tempo».
IL SUICIDIO DI RAZIS
37 Un certo Razis, un capo del
popolo di Gerusalemme, fu denunziato a Nicanore come patriota. Egli amava molto
la patria; era stimato da tutti, e per la sua bontà era chiamato padre
degli Ebrei.
38 Fin dai primi giorni della
rivolta egli era stato accusato di seguire le tradizioni ebraiche. Le aveva
difese senza risparmiarsi e per la sua fedeltà all'ebraismo aveva anche
rischiato la vita.
39 Nicanore, per dimostrare
l'odio che aveva per gli Ebrei, mandò più di cinquecento soldati
ad arrestano.
40 Incarcerando Razis, pensava di
dare un duro colpo agli Ebrei.
41 Le truppe di
Nicanore erano già sul punto di occupare la torre dove era Razis. Stavano
forzando la porta del cortile, quando fu invece dato l'ordine di appiccarvi il
fuoco e di bruciarla. Quando Razis si vide circondato da ogni parte, si
gettò sulla propria spada.
42 Preferiva
morire con coraggio, piuttosto che finire nelle mani di quei criminali e subire
insulti e umiliazioni.
43 Ma per la fretta e
l'ansia del momento, sbagliò il colpo. Proprio in quel momento le truppe
irruppero attraverso la porta. Allora Razis corse senza esitazione sulle mura e
si buttò giù sulla folla.
44 La
folla indietreggiò immediatamente, fece largo, e Razis cadde a terra
nello spazio lasciato vuoto.
45 Ma respirava
ancora. Acceso di sdegno ebbe la forza di rialzarsi. Anche se perdeva sangue
dalle orribili ferite che si era fatto, passò di corsa in mezzo alla
folla e salì su una roccia scoscesa.
46
Quando ormai era quasi completamente dissanguato, si strappò gli
intestini dal ventre; li prese con tutte e due le mani e li gettò sulla
folla. E intanto pregò Dio, il padrone della vita e dei respiro, di
farglieli di nuovo riavere un bel giorno. E così
morì.
CAPITOLO
15
NICANORE FA UN PIANO PER ATTACCARE GLI EBREI A TRADIMENTO
1 Intanto Nicanore venne a
sapere che Giuda e i suoi uomini si trovavano nella regione della Samaria. Decis
e di attaccarli di sabato, il giorno di riposo degli Ebrei, per non correre il
minimo rischio.
2 Gli Ebrei che erano costretti
a seguirlo gli dissero:
- Non fare un massacro
così feroce e barbaro. Rispetta il giorno scelto e reso santo da colui
che vede tutto!
3 Ma quel gran maledetto
domandò:
- In cielo c'è davvero
questo sovrano che ha ordinato di celebrare il
sabato?
4 Gli
risposero:
- sì, c'è! E il Signore
vivente stesso, e ha comandato di osservare il giorno di
sabato!
5 Nicanore
replicò:
- Ma qui sulla terra sono io
sovrano, e vi comando di prendere le armi e di eseguire i miei
ordini!
Ma non riuscì a realizzare quel
progetto crudele.
GIUDA INCORAGGIA I SUOI UOMINI
6 Nicanore, al sommo della sua
arroganza, aveva deciso di costruire un monumento per ricordare la vittoria su
Giuda e i suoi uomini.
7 Ma Giuda Maccabeo,
convinto di ottenere aiuto dal Signore, restò incrollabile nella sua
fiducia.
8 Esortò i suoi soldati a non
aver paura dell'attacco dei nemici. Bastava ricordarsi dell'aiuto ricevuto in
passato da Dio per essere sicuri che, anche quella volta, l'Onnipotente avrebbe
dato loro la vittoria.
9 Poi li
incoraggiò con parole prese dai libri della Legge e dai Profeti. Infine
ricordò le battaglie che avevano già vinto. Così li
caricò di entusiasmo.
10 Dopo averli
entusiasmati, comunicò i suoi ordini e insegnò a disprezzare i
pagani, perché non mantengono i loro giuramenti.
11 Così Giuda armò Ogni suo
soldato non tanto con la sicurezza che danno gli scudi e le lance, quanto
piuttosto con l'incoraggiamento che viene dalle parole nobili. Poi li
rincuorò con il racconto dei sogno che aveva fatto, una visione degna di
fede.
12 La visione era questa: gli era apparso
Onia, che nel passato era stato sommo sacerdote, un uomo dabbene, di aspetto
modesto e di tratto mite, distinto nei modo di parlare e addestrato fin dalla
fanciullezza nella pratica della virtù. Egli, con le mani alzate verso il
cielo, pregava per tutta la comunità degli Ebrei.
13 Era poi apparso anche un altro personaggio:
un uomo dai capelli bianchi e molto distinto, imponente e circondato da un
magnifico splendore.
14 Onia aveva preso la
parola e aveva detto a Giuda: «E Geremia, il profeta di Dio! Egli ama i
suoi fratelli Israeliti e prega molto per il nostro popolo e la città
santa».
15 Allora Geremia aveva steso la
mano destra e dato a Giuda una spada d'oro. Nel consegnargliela aveva detto:
16 «Ricevi questa spada santa come un dono
da parte di Dio. Con essa tu sbaraglierai i nemici».
NICANORE SCONFITTO E UCCISO
(vedi 1 Maccabei 7,
39-50)
17 Incoraggiati dal discorso di Giuda,
veramente nobile e capace di infondere forza e vigore ai giovani, gli Ebrei
decisero di non restare nell'accampamento, ma di passare con coraggio
all'offensiva. Volevano combattere a corpo a corpo, con tutte le forze, fino a
decidere le sorti. Era in pericolo la città, la religione e il tempio.
18 Essi non si preoccupavano tanto per le mogli
e per i figli, i fratelli e i parenti. La loro prima preoccupazione era il
tempio santo.
19 Anche nella gente rimasta in
città l'angoscia non era minore, ansiosa com'era per la sorte dei soldati
sul campo di battaglia.
20 Mentre tutti erano in
attesa dello scontro imminente, i nemici si erano riuniti e ormai si schieravano
in ordine di battaglia. Gli elefanti furono sistemati in posizione strategica e
la cavalleria disposta ai lati.
21 Giuda
Maccabeo, quando si vide davanti le truppe nemiche, quel grande spiegamento
d'armi e l'aspetto feroce degli elefanti, stese le mani al cielo e invocò
il Signore che compie prodigi. Era sicuro che la vittoria non dipende tanto
dalla forza degli eserciti, quanto piuttosto dalla decisione del Signore, che fa
vincere quelli che ne sono degni.
22 Giuda fece
questa preghiera: «Signore, al tempo di Ezechia, re della Giudea, tu hai
mandato il tuo angelo che uccise nell'accampamento di Sennacherib
centottantacinquemila soldati.
23 Manda anche
questa volta, o Dio dell'universo, un angelo buono alla nostra testa,
perché semini paura e terrore tra i nostri nemici.
24 Intervieni con la tua potenza e sconfiggi
costoro che sono venuti contro il tuo popolo santo, e vomitano bestemmie dalle
loro bocche!». Con queste parole terminò la sua preghiera.
25 Mentre gli uomini di Nicanore avanzavano al
suono della tromba e tra canti di guerra,
26 i
soldati di Giuda andarono all'attacco, facendo invocazioni e preghiere.
27 Con le mani combattevano e nei loro cuore
pregavano Dio. Abbatterono almeno trentacinquemila nemici e si rallegrarono
molto perché Dio aveva di nuovo manifestato la sua potenza.
28 Al termine della battaglia, quando ormai
tutti si ritiravano soddisfatti, gli uomini di Giuda scoprirono il cadavere di
Nicanore, che era caduto nonostante l'armatura che aveva addosso.
29 Allora ci fu una grande agitazione e si
misero a gridare. Poi tutti, in ebraico, ringraziarono l'Onnipotente.
30 E Giuda, che per i suoi connazionali si era
sempre dato anima e corpo e aveva sempre dimostrato per essi il più
tenero affetto, comandò di tagliare a Nicanore la testa e il braccio e di
portarli a Gerusalemme.
31 Giunto in
città, Giuda convocò i suoi connazionali, fece disporre i
sacerdoti davanti all'altare e radunare anche i soldati della fortezza
dell'Acra.
32 Mostrò loro la testa
dell'empio Nicanore e la mano che quel maledetto aveva steso tante volte contro
il tempio dell'Onnipotente.
33 Poi
comandò di tagliare a pezzi la lingua dell'empio Nicanore per darla in
pasto agli uccelli. Fece appendere il suo braccio davanti al tempio,
perché tutti vedessero quale era stato il guadagno della sua pazzia.
34 Allora tutti elevarono al cielo le loro
preghiere e ringraziarono il Signore glorioso, dicendo: «Benedetto colui
che non ha permesso che fosse profanata la sua
casa».
35 Poi Giuda fece appendere la testa
di Nicanore in cima alla fortezza dell'Acra. Voleva farla vedere a tutti, come
segno chiaro ed eloquente che Dio li aveva aiutati.
36 E infine, riuniti in assemblea, decisero con
voto unanime, di non dimenticare quella data, ma di celebrarla in futuro come
giorno di festa. Era il 13 dei dodicesimo mese, che è detto in aramaico
mese di Adar, la vigilia cioè della festa dei
Purim.
Giuda in presenza dell'esercito di NicanoreCONCLUSIONE DEL
LIBRO
37 Così dunque andarono i fatti
riguardo a Nicanore. E siccome da allora gli Ebrei rimasero padroni della
città, ho deciso di concludere a questo punto il mio lavoro.
38 Era mia intenzione offrire un'esposizione
ordinata e ben fatta degli avvenimenti. Se è rimasta imperfetta e
soltanto mediocre, vuoi dire che non ero in grado di fare meglio.
39 Infatti come non è gradevole bere o
solo vino o solo acqua, e invece piace mescolare vino e acqua, così
è solo l'arte che permette di scrivere un racconto che, per la sua
varietà, possa piacere ai lettori. Qui finisce la mia
opera.