LA SACRA BIBBIA - ANTICO TESTAMENTO - 2° MACCABEI

INTRODUZIONE AL SECONDO LIBRO DEI MACCABEI

Caratteristiche principali
Il secondo libro dei Maccabei non è la continuazione del primo: comprende, infatti, quel periodo della storia ebraica che va dal 180 al 160 a.C., cioè dal tempo del sommo sacerdote Onia III fino alla morte di Nicanore, generale di Demetrio I re di Siria. Gli avvenimenti narrati sono, quindi, in parte anteriori e, in parte, contemporanei a quelli narrati nei capitoli 1-9 del primo libro dei Maccabei.

Il libro si presenta come un riassunto, compilato da un autore di cui non sappiamo il nome, dei cinque volumi scritti dallo storico Giasone di Cirene. Al centro dell'interesse stanno le antiche tradizioni del popolo e il tempio di Gerusalemme con le sue feste. Due sono ricordate in modo particolare: quella della dedicazione e della purificazione del tempio (10, 1-9) e quella commemorativa della liberazione ottenuta con l'uccisione di Nicanore (15, 36). Nel suo racconto l'autore mette in evidenza la costanza dei martiri, che nella speranza della risurrezione affrontano la morte per essere fedeli alle leggi di Dio.

Autore e ambiente storico
Quasi nulla si sa dell'autore. I cinque libri di Giasone furono scritti dopo il 160 e il nostro autore deve averli riassunti molto tempo dopo.

Schema
- Introduzione:
le due lettere agli Ebrei d'Egitto e prefazione dell'autore 1, 1-2, 32
- Lotte per il sommo sacerdozio 3, 1-4, 50
- Persecuzione di Antioco IV Epifane 5, 1-7, 42
- Le imprese di Giuda il Maccabeo 8, 1-15, 36
- Conclusione del libro 15, 37-39

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1

PRIMA LETTERA AGLI EBREI DELL'EGITTO

1 «Noi Ebrei che abitiamo a Gerusalemme, nella regione della Giudea, salutiamo voi, nostri fratelli Ebrei che siete in Egitto e vi auguriamo ogni bene.
2 Dio vi riempia dei suoi doni e si ricordi dell'alleanza che egli ha fatto con Abramo, Isacco e Giacobbe, suoi servi fedeli.
3 Egli conceda a tutti voi di poterlo adorare e di poter compiere con generosità e con prontezza quel che piace a lui.
4 Dio apra il vostro cuore alla sua legge e ai suoi precetti e vi dia la pace.
5 Egli vi ascolti quando pregate, si riconcili con voi e non vi abbandoni, quando vi trovate nelle difficoltà.
6 Questo noi chiediamo per voi nella preghiera.
7 «Quando regnava il re Demetrio, nell'anno 169 dell'èra greca, noi Ebrei vi abbiamo mandato questa lettera: "Una grande prova ci ha colpiti in questi anni, e ne abbiamo sofferto molto. Giasone e i suoi hanno tradito la terra santa e il regno.
8 Hanno incendiato il portale del tempio e hanno ucciso persone innocenti. Ma noi abbiamo pregato il Signore, ed egli ci ha ascoltati. Abbiamo offerto un sacrificio e fior di farina, abbiamo acceso le lampade e presentato il pane a Dio".
9 Ora, nell'anno 188 dell'èra greca, vi scriviamo perché anche voi celebriate la festa delle Tende nel mese di Casleu.

SECONDA LETTERA: SALUTO

10 «Noi abitanti di Gerusalemme e della Giudea, insieme ai capi del popolo e a Giuda Maccabeo, salutiamo Aristobulo, della stirpe dei sacerdoti consacrati e consigliere del re Tolomeo. Con lui salutiamo anche gli Ebrei che abitano in Egitto. A tutti auguriamo di star bene.

GLI EBREI LODANO IL SIGNORE PER LA MORTE DI ANTIOCO

11 «Dio ci ha liberati da grandi pericoli e noi lo ringraziamo molto perché abbiamo potuto schierarci contro il re Antioco
12 E' stato Dio a respingere quelli che si erano messi contro la città santa.
13 Il loro capo andò in Persia e fu fatto a pezzi insieme al suo esercito, che sembrava imbattibile. Questo avvenne nel tempio della dea Nanea, per un tranello che i sacerdoti della dea avevano teso.
14 Infatti Antioco era andato con i suoi amici in quel luogo, col pretesto di unirsi in matrimonio con la dea Nanea. Così, avrebbe ottenuto in dote le sue grandi ricchezze.
15 Quando egli si presentò nel tempio con poche persone, i sacerdoti del tempio di Nanea gli mostrarono le ricchezze. Ma appena Antioco fu entrato, chiusero il santuario.
16 Aprirono la botola segreta del soffitto e uccisero a sassate il principe e i suoi compagni. Poi li fecero a pezzi, li decapitarono e gettarono le loro teste a quelli che stavano fuori.
17 Ringraziamo sempre il nostro Dio, che ha fatto morire i malvagi.

IL FUOCO SACRO E' STATO CONSERVATO
18 «E' il giorno 25 del mese di Casleu, e noi stiamo celebrando la festa della purificazione del tempio. Abbiamo pensato bene di informarvi, perché anche voi celebriate la festa delle Tende e del Fuoco. Noi ricordiamo così il tempo nel quale Neemia ricostruì il tempio e l'altare e offrì sacrifici.
19 Infatti, quando i nostri antenati furono deportati in Persia, i sacerdoti di allora, con profondo senso di dedizione, presero il fuoco dell'altare e lo nascosero segretamente in un pozzo profondo e asciutto. Lo misero in luogo sicuro con tali accorgimenti che nessuno ne venne a conoscenza.
20 Passarono molti anni e, quando piacque a Dio, Neemia, inviato dal re di Persia, prese alcuni discendenti dei sacerdoti che avevano nascosto il fuoco e li mandò a cercarlo. Questi però raccontarono di non aver trovato il fuoco, ma un liquido denso. Allora Neemia comandò loro di prenderne una parte e di portarglielo.
21 Poi prepararono tutto il necessario per offrire sacrifici, e Neemia comandò ai sacerdoti di versare il liquido sulla legna e sulle altre cose.
22 Lo fecero, e quando il sole uscì dalle nubi e incominciò a risplendere, comparve un gran fuoco e tutti rimasero sbalorditi.
23 Mentre il sacrificio veniva consumato dal fuoco, i sacerdoti pregavano e con loro tutto il popolo. Gionata guidava la preghiera e tutti gli altri rispondevano, compreso Neemia.
24 La preghiera diceva così:
«"Signore, Signore Dio, che hai creato tutte le cose, terribile e forte, giusto e misericordioso; tu solo sei re, tu solo sei buono.
25 Tu solo sei generoso, giusto, onnipotente ed eterno! Tu liberi Israele da ogni sventura. Tu hai scelto i nostri antenati e li hai resi un popolo santo.
26 Accogli il sacrificio che ti offriamo per tutto Israele. Custodisci questo popolo santo che ti appartiene.
27 Raduna quelli che sono dispersi nel mondo; libera coloro che sono schiavi tra i pagani. Guarda con bontà a quanti sono disprezzati e oltraggiati. Fa' che tutti i popoli riconoscano che tu sei il nostro Dio.
28 Castiga quelli che ci opprimono e ci insultano con superbia.
29 Fa' che il tuo popolo si senta sicuro nella tua terra santa, come ha detto Mosè".
30 I sacerdoti intanto cantavano inni.
31 «Quando il sacrificio finì, Neemia comandò di spargere il liquido rimasto su grandi pietre.
32 I sacerdoti ubbidirono e si sprigionò una fiammata, subito assorbita dalla luce che risplendeva sull'altare dei sacrifici.
33 La notizia di quello che era avvenuto si divulgò e lo venne a sapere anche il re di Persia. Fu informato del fuoco che i sacerdoti avevano nascosto prima di essere deportati in esilio, e come più tardi, in quel luogo, era apparso un liquido denso. Con esso poi Neemia e i suoi compagni avevano purificato quanto occorreva per i sacrifici.
34 Il re volle accertarsi del fatto e poi fece circondare quel luogo e lo dichiarò sacro.
35 Il re concedeva un po' di quel liquido a persone da lui scelte e veniva ricambiato con molti doni.
36 I compagni di Neemia chiamarono quel luogo Neftar, che vuol dire "purificazione", altri però lo chiamano Neftai.

CAPITOLO 2

ALCUNE MEMORIE SUL PROFETA GEREMIA

1 «Come abbiamo già detto, nei documenti si legge che il profeta Geremia comandò ai deportati di prendere il fuoco.
2 Parimenti si legge che il profeta consegnò ai deportati la legge di Mosè e raccomandò loro di non dimenticarsi dei comandamenti del Signore. Vedendo idoli d'oro e d'argento e i loro ornamenti, essi non dovevano deviare ma restare saldi nelle loro convinzioni.
3 Con insistenza il profeta esortava i deportati a rimanere fedeli alla legge di Dio.
4 Gli stessi documenti riferiscono ancora questo: il profeta, in seguito a una rivelazione avuta, salì sul monte dove Mosè era andato per contemplare la terra che Dio avrebbe dato in eredità a Israele e comandò che alcuni lo seguissero con la tenda e l'arca dell'alleanza.
5 Geremia arrivò in quel luogo e vi trovò una caverna. Vi portò dentro la tenda, l'arca e l'altare dei profumi e chiuse la porta.
6 Alcuni di quelli che lo avevano seguito andarono poi insieme per segnare la strada che portava alla caverna, ma non riuscirono più a trovarla.
7 Geremia venne a saperlo, li rimproverò e disse: "Questo luogo rimarrà sconosciuto fino al giorno in cui Dio manifesterà la sua misericordia riunendo il suo popolo.
8 Allora il Signore mostrerà di nuovo queste cose e apparirà glorioso nella nube, come quando apparve a Mosè, o come quando Salomone pregò perché il tempio fosse solennemente consacrato".
9 In quei documenti si narra pure che Salomone, uomo di grande sapienza, offrì sacrifici per la dedicazione del tempio da lui costruito.
10 Mosè pregò il Signore e dal cielo scese il fuoco che consumò le vittime; ugualmente, anche dopo la preghiera di Salomone, un fuoco, sceso dal cielo, bruciò il sacrificio.
11 Mosè aveva detto: "Siccome l'offerta per il peccato non è stata mangiata, essa è stata consumata".
12 Anche Salomone celebrò per otto giorni la festa della Dedicazione del tempio.

LA BIBLIOTECA DI NEEMIA

13 «Queste stesse notizie si trovavano anche negli scritti e nelle memorie di Neemia. Egli fondò pure una biblioteca e vi raccolse libri riguardanti i re e i profeti, gli scritti di Davide e le lettere dei re relative ai doni votivi.
14 Allo stesso modo anche Giuda Maccabeo raccolse tutti i libri andati perduti a causa della guerra che ci capitò ed essi sono ora presso di noi.
15 Perciò se ne avete bisogno, mandateci qualcuno che ve li porti.

INVITO A CELEBRARE LA FESTA DELLA PURIFICAZIONE DEL TEMPIO
16 «Dunque noi vi scriviamo mentre stiamo per celebrare la festa della Purificazione del tempio. Festeggiate anche voi questi giorni e farete un'ottima cosa.
17-18 Dio che ha salvato tutto il suo popolo e ci ha restituito la terra promessa, il regno, il sacerdozio e il tempio ci radunerà nella terra santa da ogni parte del mondo. Così egli ci ha promesso nel libro della legge e noi, basandoci sulla sua parola, lo speriamo. Anzi egli ci ha già liberati da grossi pericoli e ha purificato il tempio.

IL PROGETTO DELL'AUTORE
19-23 «Giasone di Cirene ha scritto cinque libri. In essi si parla di Giuda Maccabeo e dei suoi fratelli, della purificazione del grande tempio e della inaugurazione dell'altare. Si narrano le guerre contro Antioco Epifane e contro suo figlio Eupatore. Si raccontano pure le apparizioni venute dal cielo a favore di quelli che avevano combattuto con grande coraggio per la fede ebraica. Questi, anche se pochi di numero, riconquistarono tutta la regione e misero in fuga gli stranieri. Ricuperarono il tempio, famoso in tutto il mondo, liberarono la città, e rimisero in vigore le leggi che stavano per essere abolite. Riuscirono a fare tutto ciò con l'aiuto del Signore che fu loro propizio. In questo mio libro ho cercato di riassumere tutte queste notizie.
24 Infatti ho tenuto in considerazione la grande quantità di cifre e la difficoltà per chi vorrà mettersi a studiare la vicenda di una storia così vasta.
25 Perciò ho cercato di fare un racconto piacevole per quelli che intendono leggermi, facile per quelli che lo vogliono imparare a memoria, utile per chiunque lo prenderà in mano.
26 Per me invece il lavoro è stato complesso: mi sono sforzato di sunteggiare, e per far questo ho dovuto sudare e rinunziare al sonno.
27 Capita così anche a chi prepara un banchetto e cerca di soddisfare i gusti degli altri: infatti non è cosa semplice. Anch'io affronto ben volentieri questa fatica per rendere un servizio a molti.
28 Lascio perciò a Giasone l'accuratezza dei singoli dettagli, io invece tenterò di riassumerlo, secondo il piano che mi sono proposto.
29 L'architetto che progetta una casa nuova deve preoccuparsi di tutta la costruzione; ma chi ha il compito di dipingerla e di decorarla, deve badare solo agli ornamenti. Penso che lo stesso discorso valga per
30 L'autore di una storia deve raccogliere i dati, mettere ordine nel racconto ed esaminare con cura anche i minimi particolari.
31 Invece chi la riassume può permettersi di curare la brevità del racconto, trascurando l'esposizione completa dei fatti.
32 «Ora è tempo di passare alla narrazione, senza aggiungere altro. Sarebbe sciocco infatti fare una lunga introduzione e poi raccontare in breve la storia stessa».

LOTTE PER IL SOMMO SACERDOZIO

CAPITOLO 3

ELIODORO, MINISTRO DEL RE, A GERUSALEMME

1 Un tempo, la città santa viveva in grande pace e la gente osservava scrupolosamente le leggi. Questo avveniva per merito del sommo sacerdote Onia, uomo molto religioso e nemico di ogni male.
2 Allora gli stessi re onoravano il tempio e lo abbellivano con magnifici doni.
3 Per esempio, anche Seleuco, re dell'Asia Minore, provvedeva, con le proprie entrate, quello che era necessario per i sacrifici.
4 Ma quando un certo Simone, della tribù di Bilga, divenne responsabile del tempio, si trovò in contrasto con il sommo sacerdote a proposito dell'amministrazione della città.
5 Simone non riuscì ad aver ragione contro Onia e perciò andò da Apollonio di Tarso, che allora governava le regioni della Celesiria e della Fenicia.
6 Gli disse che le casse del tempio erano piene di ricchezze e che la quantità di denaro era incalcolabile. Queste ricchezze poi non servivano per le spese dei sacrifici e perciò era possibile consegnarle al re.
7 A sua volta, Apollonio andò dal re e lo mise al corrente di tutte le ricchezze di cui era stato informato. Il re allora fece chiamare il ministro Eliodoro e lo mandò a Gerusalemme per confiscare tutto quel denaro.
8 Eliodoro, col pretesto di visitare le città della Celesiria e della Fenicia, si mise subito in viaggio; in realtà egli voleva eseguire l'ordine del re.
9 Arrivò a Gerusalemme e il sommo sacerdote con tutti gli abitanti della città lo accolse con cordialità. Eliodoro riferì ad essi le informazioni che aveva avuto ed espresse il motivo del suo viaggio. Intanto domandò loro se le cose stavano davvero così.
10 Il sommo sacerdote allora spiegò a Eliodoro che i beni depositati nel tempio appartenevano alle vedove e agli orfani. In parte solamente erano di Ircano, figlio di Tobia, persona assai distinta in mezzo al popolo.
11 Contrariamente a quel che aveva inventato l'empio Simone, si trattava in tutto di centotrentasei quintali d'argento e sessantotto d'oro.
12 Infine fece osservare che non si doveva assolutamente fare torto a quelli che avevano messo la loro fiducia e sicurezza nel tempio apprezzato in tutto il mondo per la sua grandezza e santità.
13 Eliodoro però, forte degli ordini che aveva ricevuto dal re, rispose che tutte quelle ricchezze dovevano passare nelle casse del re.

ELIODORO SCONVOLGE LA CITTÀ

14 Eliodoro, nel giorno da lui fissato, entrò nel tempio per fare l'inventario degli oggetti preziosi. In tutta la città allora ci fu una grande angoscia.
15 I sacerdoti, con le loro vesti rituali, si gettavano a terra davanti all'altare. A Dio, che aveva dato loro la legge sui depositi, chiedevano di conservarli intatti per coloro che li avevano portati al tempio.
16 Guardando il volto del sommo sacerdote si sentiva come una ferita al cuore; il suo sguardo e il suo volto scolorito rivelavano lo sgomento del suo animo.
17 Egli infatti era spaventato; tutto il suo corpo tremava: perciò chi lo vedeva si accorgeva della profonda sofferenza del suo cuore.
18 La gente usciva dalle case a gruppi, e pregavano insieme perché il luogo santo stava per essere profanato.
19 Anche le donne affollavano le strade, vestite di sacco. Le ragazze, che di solito erano in casa, accorrevano alcune alle porte, altre sulle mura della città, altre ancora si affacciavano alle finestre.
20 Con le mani protese verso il cielo, tutte innalzavano preghiere.
21 Era commovente vedere tutta quella gente confusa e demoralizzata e il sommo sacerdote in preda a una grande angoscia.
22 Essi supplicavano il Signore Onnipotente di conservare intatti, al sicuro da ogni attacco, i depositi a quelli che li avevano affidati al tempio.
23 Ma Eliodoro voleva eseguire quanto aveva deciso di fare.

ELIODORO VIENE CASTIGATO

24 Accompagnato dalla guardia del corpo era ormai vicino alle casse del tempio, quando il Signore dell'universo, l'Onnipotente, si manifestò in modo sorprendente. La potenza di Dio colpì quelli che avevano osato entrare in quel luogo: essi rimasero tutti senza forze e pieni di spavento.
25 Ad essi apparve un cavallo, bardato con ricchi finimenti e montato da un cavaliere terribile. Procedeva con impeto e tirava calci a Eliodoro con le zampe anteriori. Le armi del cavaliere sfavillavano come l'oro.
26 Davanti a lui apparvero ancora due giovani straordinariamente forti, eccezionalmente belli e rivestiti di abiti favolosi. Uno da una parte e uno dall'altra, colpirono ripetutamente Eliodoro finché, pieno di ferite,
27 stramazzò a terra e fu avvolto da un'ombra scura. Alcuni uomini lo presero, lo misero su una barella e lo portarono fuori.
28 Così quell'uomo, che prima era entrato nella camera del tesoro con un grande seguito e con la guardia del corpo, ora veniva portato via, incapace di aiutarsi da solo. E tutti videro che in questo fatto si era manifestata la potenza di Dio.
29 Abbattuto con forza da Dio, Eliodoro giaceva senza parola e senza speranza di potersi salvare.
30 Gli altri invece lodavano il Signore che aveva difeso l'onore della sua casa. Il tempio poco prima era pieno di gente spaventata e terrorizzata; ma appena il Signore manifestò la sua onnipotenza divenne contenta e allegra.
Eliodoro scacciato dal tempio


ONIA INTERCEDE PER ELIODORO

31 Alcuni compagni di Eliodoro si rivolsero subito al sommo sacerdote Onia. Con le sue preghiere doveva chiedere al Signore di ridare la vita a Eliodoro, ormai morente.
32 Il sommo sacerdote, per paura che il re, a causa di Eliodoro, facesse poi del male agli Ebrei, offrì un sacrificio perché ricuperasse la salute.
33 Mentre il sommo sacerdote compiva il sacrificio di espiazione, apparvero di nuovo a Eliodoro quei due giovani. Portavano le stesse vesti, gli si avvicinarono e gli dissero: «Devi essere molto riconoscente al sommo sacerdote Onia. Per merito suo il Signore ti ridà la vita.
34 E tu, che sei stato colpito da Dio, fa' conoscere a tutti la sua grande potenza». Poi i due giovani scomparvero.

ELIODORO SI CONVERTE

35 Eliodoro allora offrì un sacrificio al Signore e ringraziò molto Dio che gli aveva ridato la vita. Salutò con riconoscenza Onia e ritornò dal re con le sue truppe.
36 Fece conoscere a tutti le opere di Dio Onnipotente che aveva sperimentate personalmente.
37 In seguito il re domandò a Eliodoro se c'era qualcuno in grado di ritornare a Gerusalemme. Eliodoro rispose:
38 «Hai qualche nemico o avversario nel tuo governo? Mandalo a Gerusalemme! Se riuscirà a salvarsi, tornerà certamente malconcio. In quel luogo infatti c'è davvero una potenza divina.
39 Dio, che abita nei cieli, veglia su quel luogo per custodirlo. Ma colpisce e fa morire coloro che vanno per farvi del male».
40 Così finì il tentativo di Eliodoro, e il tesoro del tempio rimase intatto.

CAPITOLO 4

CALUNNIE E DELITTI DI SIMONE

1 Prima si è detto che Simone aveva tradito il tesoro del tempio e la patria. Egli calunniava Onia dicendo che era stato lui ad assalire Eliodoro ed era perciò il responsabile dei suoi mali.
2 Voleva far passare come insidioso nemico del governo colui che invece era il benefattore della città, il protettore dei suoi connazionali e il custode premuroso delle leggi.
3 L'odio arrivò a tal punto che uno dei compagni di Simone uccise alcune persone.
4 Onia, allora, si rese conto che quella discordia era pericolosa, dato che Apollonio, figlio di Menesteo, governatore delle regioni della Celesiria e della Fenicia, incitava la cattiveria di Simone.
5 Onia andò dal re, non per accusare i cittadini, ma per difendere il bene pubblico e privato di tutto il popolo.
6 Onia infatti era convinto che senza l'intervento del re, non si poteva più mettere pace nella vita della nazione, e Simone non avrebbe messo limiti alla sua follia.

GIASONE FA PROPAGANDA PER L'ELLENISMO

(vedi 1 Maccabei 1, 10-15)
7 Intanto Seleuco morì e Antioco, detto anche Epifane, divenne re al suo posto. Giasone, fratello di Onia, ottenne con sistemi corrotti, la carica di sommo sacerdote:
8 andò a trovare il re e gli promise più di centoventi quintali d'argento e altri ventisette provenienti da altre entrate.
9 Egli promise in aggiunta cinquanta quintali d'argento se avesse ottenuto il permesso di fondare, di sua autorità, un ginnasio e una palestra e di dare la cittadinanza antiochena agli abitanti di Gerusalemme.
10 Il re fu d'accordo e Giasone, preso il potere, impose subito alla nazione il modo di vivere dei Greci.
11 Negli anni precedenti, i re avevano benignamente fatto delle concessioni agli Ebrei: per loro aveva interceduto Giovanni, padre di Eupolemo, che era andato a Roma per stringere un patto di amicizia con i Romani. Ora invece Giasone abolì quei privilegi distrusse le legittime istituzioni e introdusse consuetudini contrarie alla legge di Mosè.
12 Giasone si affrettò a fondare una palestra proprio sotto la fortezza, e obbligò i giovani più vigorosi a vestirsi come i Greci.
13 L'influenza greca cominciò quindi a farsi sentire. Gerusalemme fu totalmente invasa dalla moda straniera a causa dell'arroganza dell'empio Giasone, che non si comportava affatto come sommo sacerdote.
14 I sacerdoti non curavano più la liturgia, anzi disprezzavano il tempio, trascuravano i sacrifici e, al primo segnale dato col disco nella palestra, partecipavano con ardore ai giochi proibiti dalla legge di Dio.
15 Non avevano più stima delle gloriose imprese della loro patria e invece apprezzavano al massimo gli onori promessi dai Greci.
16 A causa di tutto questo, una grossa disgrazia piombò su di loro: proprio quelli di cui imitavano le gare atletiche e ai quali volevano somigliare in tutto, si trasformarono in loro nemici e violenti contestatori.
17 Non si possono trasgredire impunemente le leggi di Dio, e lo si vedrà nel racconto che segue.
18 A Tiro si celebravano i giochi quinquennali ed era presente anche il re.
19 Il criminale Giasone vi mandò come spettatori alcuni abitanti di Gerusalemme, che avevano la cittadinanza antiochena. Diede ad essi trecento monete d'argento per offrire un sacrificio in onore di Ercole. Gli inviati però non le usarono per il sacrificio, ma per un altro scopo.
20 Così quel che dal mittente era stato destinato al sacrificio in onore di Ercole, per iniziativa di quegli uomini fu impiegato per la costruzione di alcune navi.

ANTIOCO EPIFANE A GERUSALEMME

21 In Egitto si celebrava l'incoronazione del re Filometore, figlio di Menesteo. Antioco aveva mandato là per assistere alla cerimonia Apollonio e da lui venne a sapere che il re non approvava la sua politica. Pensò allora di mettersi al sicuro. Prima andò a Giaffa e poi arrivò a Gerusalemme.
22 Giasone e gli abitanti della città lo accolsero con grandi onori. Fece il suo ingresso in città tra fiaccolate e acclamazioni. Poi con l'esercito andò verso la Fenicia.

MENELAO DIVENTA SOMMO SACERDOTE

23 Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao dal re per portargli del denaro e per trattare alcuni affari urgenti. Menelao, fratello di quel Simone di cui abbiamo già parlato,
24 andò dal re e gli presentò i suoi omaggi come fanno gli uomini potenti. Offrì oltre cento quintali d'argento in più di Giasone, e così si accaparrò la carica di sommo sacerdote.
25 Poi ritornò a Gerusalemme con le lettere di nomina. Non aveva nulla che fosse degno di un sommo sacerdote, ma era furioso come un tiranno, crudele e arrabbiato come una bestia selvaggia.
26 Così Giasone, che prima aveva soppiantato suo fratello, ora fu soppiantato da un altro e dovette fuggire in esilio nella regione della Ammanitide.
27 Menelao, una volta ottenuto il potere, non consegnò al re il denaro promesso.
28 Invano Sostrato, governatore della fortezza, gliene fece esplicita richiesta. Aveva infatti il compito di riscuotere le tasse. Per questo, tutti e due dovettero comparire davanti al re.
29 Menelao lasciò il suo fratello Lisimaco come suo sostituto nelle funzioni di sommo sacerdote. Sostrato invece lasciò al suo posto Cratete, capo dei Ciprioti.

ONIA VIENE ASSASSINATO

30 In quella situazione, gli abitanti di Tarso e di Mallo si ribellarono perché le loro città erano state donate ad Antiochide, amante del re.
31 Il re Antioco allora partì subito per sistemare questo contrasto e lasciò come suo sostituto Andronico, un nobile della sua corte.
32 Menelao, approfittando della situazione, rubò alcuni vasi d'oro dal tempio e li donò ad Andronico. Altri oggetti riuscì a venderli a Tiro e nelle città vicine.
33 Onia lo venne a sapere. Si rifugiò presso Antiochia, nel santuario di Dafne, che era un luogo sicuro e di li lanciò la sua denunzia contro Menelao.
34 Ma Menelao prese in disparte Andronico e lo convinse a uccidere Onia. Andronico allora andò a trovare Onia e con inganno riuscì a ottenere la sua fiducia. Stringendogli la mano fece un giuramento. Pur destando qualche sospetto, lo convinse ad uscire dal suo rifugio. E subito lo uccise, senza scrupoli.
35 Non solo gli Ebrei, ma anche molti stranieri rimasero indignati e afflitti per il barbaro assassinio di quell'uomo.
36 Quando il re Antioco tornò dalla regione della Cilicia, gli Ebrei della capitale e alcuni Greci che volevano giustizia, andarono da lui e protestarono perché Onia era stato ucciso senza alcun motivo.
37 Antioco ne fu profondamente rattristato e provò una grande compassione. Ripensando alla sapienza e alla prudenza del defunto, scoppiò in lacrime.
38 Poi, pieno di sdegno, tolse immediatamente la porpora ad Andronico e gli strappò di dosso i vestiti. Lo fece trascinare per tutta la città fino al luogo dove egli aveva crudelmente ucciso Onia. Lì quell'assassino fu tolto da questo mondo. Il Signore gli diede il castigo che si meritava.

LISIMACO MUORE IN UNA RIVOLTA DEL POPOLO

39 Intanto Lisimaco, con il consenso di Menelao, fece molti furti sacrileghi in città. La notizia si diffuse anche nelle immediate vicinanze e il popolo si ribellò compatto contro Lisimaco, visto che molti oggetti d'oro erano già stati portati via.
40 La gente era molto eccitata e piena di rabbia. Allora Lisimaco armò circa tremila uomini e cominciò a fare razzie. Il loro capo era un certo Aurano, un vecchiaccio stolto.
41 Appena il popolo si accorse dell'attacco di Lisimaco, alcuni presero dei sassi, altri i bastoni. Altri, dovunque si trovavano, raccoglievano la terra, a piene mani, e si lanciavano contro gli uomini di Lisimaco.
42 Ne ferirono molti, alcuni ne uccisero, e costrinsero tutti gli altri a fuggire. Colui che prima aveva profanato il tempio, fu ucciso presso la camera del tesoro

MENELAO CORROMPE TOLOMEO E IL RE

43 Per questi fatti, fu aperto un processo contro Menelao.
44 Quando il re Antioco arrivò nella città di Tiro, tre uomini, mandati dai capi del popolo, gli chiesero di fare giustizia.
45 Menelao si trovò a mal partito e promise una grossa somma di denaro a Tolomeo, figlio di Dorimene, perché corrompesse il re.
46 Tolomeo, con la scusa di prendere un po' d'aria, condusse il re sotto i portici e gli fece cambiar parere.
47 Così il re assolse da ogni accusa Menelao, che era stato la causa di tutti quei mali. Anzi condannò a morte quegli infelici: e pensare che questi sarebbero stati riconosciuti innocenti anche da giudici crudeli come gli Sciti.
48 Essi, che avevano difeso la città, il popolo e gli oggetti sacri del tempio, contro ogni senso di giustizia furono immediatamente uccisi.
49 Alcuni abitanti di Tiro, indignati per questo misfatto, sostennero con generosità le spese per la loro sepoltura.
50 Ma Menelao riuscì a conservare il suo posto con l'aiuto di certi potenti corrotti. Anzi si dimostrava sempre più crudele e nemico del popolo.

PERSECUZIONE DI ANTIOCO EPIFANE

CAPITOLO 5
LA SECONDA CAMPAGNA IN EGITTO
1 In quei giorni, Antioco organizzò la seconda spedizione in Egitto.
2 Per quasi quaranta giorni, gli abitanti di Gerusalemme videro apparire in cielo cavalieri con vesti d'oro, armati di lance
3 e di spade. Si videro anche squadroni di cavalieri schierati per la battaglia, attacchi e scontri da ogni parte, un mare di gente che agitava scudi, brandiva aste e lanciava frecce. Un gran bagliore di armature d'oro e di corazze di ogni genere.
4 Tutti pregavano perché l'apparizione fosse di buon augurio.

FINE DI GIASONE

5 Intanto si diffuse la falsa notizia della morte di Antioco. Giasone prese con sé non meno di mille uomini e attaccò improvvisamente Gerusalemme. Respinse quelli che stavano sulle mura e infine prese la città. Intanto Menelao si rifugiò nella fortezza.
6 Giasone, senza alcuna pietà, cominciò a fare rappresaglie contro i suoi concittadini. Non pensava che trionfare sui propri connazionali è la più grossa sconfitta. Sembrava che stesse trionfando sui nemici e non sui propri connazionali.
7 Però Giasone non conquistò il potere. Anzi, alla fine, fu svergognato per il suo tradimento e dovette fuggire di nuovo nella regione dell'Ammanitide.
8 Ecco come finì la sua vita perversa: prima imprigionato presso Areta, re degli Arabi, e poi perseguitato da tutti, dovette fuggire di città in città. Fu odiato come traditore delle leggi, disprezzato come nemico della patria e del popolo. Poi andò a finire in Egitto.
9 Colui che aveva cacciato dalla patria molti cittadini, morì in esilio tra gli Spartani, dove aveva sperato di trovare rifugio a causa della comune origine.
10 Lui, che aveva lasciato tanta gente senza sepoltura, finì senza rimpianto. Nessuno lo seppellì e non poté avere un posto nel sepolcro dei padri.

IL TEMPIO VIENE SACCHEGGIATO
(vedi 1 Maccabei 1, 21-24)
11 Poi il re Antioco venne a sapere queste cose e pensò che la Giudea si sarebbe ribellata. Perciò tornò dall'Egitto e con l'animo inferocito conquistò Gerusalemme con le armi.
12 Ai soldati comandò di uccidere senza pietà tutti quelli che incontravano e di trucidare quelli che si chiudevano nelle loro case.
13 Giovani e vecchi, donne e ragazzi, fanciulle e bambini furono massacrati e sterminati.
14 In quei tre giorni Israele perdette ottantamila uomini: quarantamila morirono in battaglia e altrettanti furono venduti schiavi.
15 Ma il re non si accontentò di questo, e sotto la guida di Menelao, traditore delle leggi e della patria, osò entrare nel tempio più santo di tutta la terra.
16 Con le sue mani impure prese i vasi sacri e portò via, in modo sacrilego, quello che gli altri re avevano deposto per la ricchezza, la gloria e l'onore del tempio.
17 Antioco era così superbo da non capire che Dio aveva abbandonato il tempio solo per un breve periodo perché si era adirato a causa dei peccati del popolo.
18 Se il popolo non avesse commesso tanti peccati, il re Antioco appena arrivato sarebbe stato subito abbattuto e respinto nella sua impresa temeraria. Era capitato così anche a Eliodoro, che il re Seleuco aveva mandato a saccheggiare il tesoro del tempio.
19 Ma il Signore non ha scelto il popolo per il tempio, bensì il tempio per il popolo.
20 Per questo anche il tempio ha dovuto subire le stesse disgrazie del popolo, per poi partecipare ai suoi trionfi. Prima, per lo sdegno di Dio onnipotente, è stato abbandonato, ma poi è stato riportato alla sua gloria, quando il Signore si fu riconciliato con il suo popolo.

IL POPOLO VIENE OPPRESSO
21 Antioco, dunque, prese seicento quintali d'argento dal tempio. Poi tornò in fretta ad Antiochia. Era così superbo ed esaltato da credere di aver reso navigabile la terra e transitabile il mare.
22 Per opprimere la gente nominò alcuni governatori: a Gerusalemme lasciò Filippo, che era nato in Frigia ed era più crudele del suo padrone.
23 Sul monte Garizim lasciò Andronico. Oltre a questi, lasciò Menelao che spadroneggiava sui cittadini peggio di tutti gli altri. Pieno di odio contro gli Ebrei,
24 il re Antioco mandò Apollonio, il capo dei mercenari di Misia, alla testa di un esercito di ventimila uomini, con l'ordine di uccidere tutti gli adulti e di vendere le donne e i bambini.
25 Arrivato a Gerusalemme, Apollonio fece finta di avere intenzioni pacifiche e aspettò fino al giorno santo del sabato. Così sorprese gli Ebrei in riposo e comandò ai suoi soldati di sfilare armati.
26 Tutti quelli che uscivano per vedere la parata militare li fece trucidare. Percorrendo la città con i suoi uomini armati, uccise moltissima gente.
27 Ma Giuda, soprannominato Maccabeo, si ritirò nel deserto insieme ad altri nove uomini. Viveva tra le montagne, insieme con i suoi compagni, come vivono le bestie selvagge. Mangiavano solo erba, e resistevano per non contaminarsi con cibi proibiti dalla legge.

CAPITOLO 6
GLI EBREI VENGONO PERSEGUITATI
(vedi 1 Maccabei 1, 41-64)
1 Poco dopo, il re Antioco mandò a Gerusalemme un cittadino anziano di Atene, per costringere gli Ebrei ad abbandonare le loro antiche tradizioni e a non vivere più secondo le leggi di Dio.
2 Inoltre, egli doveva profanare il tempio di Gerusalemme e dedicarlo a Giove Olimpio. Invece il tempio che si trova sul monte Garizim, doveva dedicarlo a Giove Ospitale, come volevano gli abitanti del luogo.
3 Questi mali invasero tutta la regione: erano così gravi che nessuno poteva sopportarli.
4 Il tempio infatti diventò luogo di malavita e di orge: i pagani vi si divertivano con le prostitute, avevano rapporti con le donne sotto i sacri portici e portavano nel tempio anche oggetti proibiti.
5 Bruciavano sull'altare animali proibiti dalla legge di Dio.
6 Nel giorno di sabato non si potevano tenere le pratiche religiose. Era proibito osservare le feste tradizionali, e anche solo dichiarare di essere ebreo.
7 Ogni mese, quando il re celebrava il giorno della sua nascita, tutti venivano costretti a mangiare le vittime dei sacrifici. Nella festa del dio Dioniso, c'era l'obbligo di partecipare ai cortei, portando corone d'edera.
8 I cittadini di Tolemaide ottennero un decreto riguardante città greche vicine: «Gli Ebrei sono obbligati a partecipare ai banchetti sacri.
9 Chi rifiuta le nuove usanze greche sia condannato a morte». Tutto lasciava prevedere che una grande disgrazia era vicina.
10 Difatti, due donne fecero circoncidere i loro figli e per questo vennero denunziate. Furono trascinate in giro per la città, con i bambini appesi al seno e gettate giù dalle mura.
11 Altri Ebrei si radunarono nelle grotte vicino a Gerusalemme, per celebrare in segreto il giorno di sabato. Denunziati a Filippo, furono bruciati vivi, senza che tentassero di difendersi, per rispetto alla santità del sabato.

DIO NON ABBANDONA IL SUO POPOLO
12 Raccomando ai miei lettori di non lasciarsi scoraggiare da queste disgrazie. Al contrario, essi dovrebbero pensare: Il Signore punisce il nostro popolo, non per annientarlo, ma per riportarlo sulla strada giusta.
13 Infatti, è un segno della sua grande bontà se egli non lascia i peccatori per lungo tempo senza castigo, ma li raggiunge con qualche prova.
14 Il Signore non ha pensato di comportarsi con noi come fa con gli altri popoli. Egli aspetta con pazienza a punirli, fino a quando siano al colmo delle loro colpe.
15 Per punire noi, invece, egli non aspetta che i nostri peccati giungano all'estremo.
16 Perciò egli non ci nega mai la sua misericordia, e anche quando ci corregge con qualche disgrazia, non abbandona mai il suo popolo.
17 Le riflessioni che abbiamo fatto servano di ammonimento. Ora è tempo di continuare il racconto.

IL MARTIRIO DI ELEAZARO

18 Eleazaro, uno dei principali maestri della legge, era già avanti negli anni, ma ancora di bell'aspetto. Un giorno fu costretto ad aprire la bocca per ingoiare carne di maiale.
19 Ma egli, volontariamente, andò verso il martirio, preferendo morire gloriosamente piuttosto che vivere nella vergogna.
20 Perciò sputò fuori quella carne. Questo è un esempio per coloro che rifiutano di mangiare cibi proibiti anche a costo della vita.
21 Allora quelli che avevano la responsabilità di quell'empio banchetto presero Eleazaro in disparte. Per l'antica amicizia che avevano con lui, gli consigliarono di farsi portare carni che gli era consentito di mangiare. Le avrebbe preparate lui stesso e avrebbe finto di mangiare le carni consacrate agli idoli, secondo il comando del re.
22 In questo modo avrebbe evitato la morte e, per via dell'antica amicizia con loro, sarebbe stato trattato con bontà.
23 Ma Eleazaro prese una nobile decisione, degna della sua posizione e dei suoi bianchi capelli. Fin da giovane egli aveva condotto una vita esemplare ed era arrivato alla vecchiaia con onore. Ora doveva dar valore a tutte queste cose. Egli voleva soprattutto rimanere fedele alla santa legge di Dio e per questo affermò senza esitare: «Uccidetemi pure.
24 Alla mia età non conviene fingere; molti giovani crederebbero che Eleazaro, a novant'anni, ha accettato di vivere alla maniera dei pagani.
25 Se io fingo per quel poco di vita che mi rimane, essi per colpa mia sarebbero ingannati e io concluderei la mia vecchiaia nella vergogna e nell'infamia.
26 Ora forse potrei sfuggire al castigo degli uomini, ma né da vivo né da morto potrei certo sfuggire al giudizio di Dio Onnipotente.
27 Perciò, rinunzio con coraggio a questa vita per mostrarmi degno della mia vecchiaia.
28 Ai giovani voglio lasciare un nobile esempio di come si deve morire, con prontezza e con coraggio, per la legge di Dio». Detto ciò, andò al supplizio.

L'ULTIMA PREGHIERA DI ELEAZARO

29 Quelli che lo conducevano, sentendolo parlare così, credevano che Eleazaro fosse diventato pazzo e, da benevoli com'erano, divennero molto severi con lui.
30 Ormai vicino alla morte per i colpi ricevuti, Eleazaro sospirò e disse: «Il Signore conosce tutto. Egli sa che io potrei sottrarmi alla morte. Sotto questi colpi, io soffro dolori atroci nel corpo, ma li
sopporto con animo forte, per l'amore che ho per lui».
31 In questo modo Eleazaro mori. Egli lasciò un esempio indimenticabile di fortezza e di virtù non solo ai giovani, ma anche alla grande maggioranza del popolo.

CAPITOLO 7
IL MARTIRIO DEI SETTE FRATELLI
1 Capitò anche quest'altro fatto. Furono arrestati sette fratelli insieme con la loro madre. Il re voleva costringerli a mangiare la carne di maiale, che era proibita dalla legge di Mosè. Perciò li fece picchiare e frustare.
2 Ma uno di loro si fece avanti e disse a nome di tutti: «Che cosa ti aspetti o che cosa vuoi sapere da noi? Piuttosto che disubbidire alla legge dei nostri antenati, noi siamo pronti a morire».
3 Allora il re si arrabbiò e fece mettere al fuoco alcune caldaie di bronzo.
4 Quando scottavano, il re comandò di prendere subito quello che aveva parlato a nome degli altri. Davanti agli altri fratelli e a sua madre, gli mozzarono la lingua, gli strapparono la pelle del capo e gli tagliarono mani e piedi.
5 Quando gli ebbero tagliato tutte le membra, il re comandò di gettarlo vivo nel fuoco e di arrostirlo nella caldaia. Mentre il fumo si diffondeva abbondantemente dalle caldaie, gli altri fratelli si esortavano a vicenda con la madre a morire con coraggio. Dicevano:
6 «Il Signore Dio ci vede e certamente ci manda il suo conforto. Lo dice anche Mosè nel suo cantico quando proclama: "Il Signore avrà pietà dei suoi servi"».
7 Morto il primo fratello, portarono anche il secondo al supplizio. Gli strapparono dalla testa la pelle con i capelli e gli chiesero: «Sei disposto a mangiare questa carne? Se no, tortureremo il tuo corpo membro per membro».
8 Ma egli rispose in ebraico: «No!». Perciò anche lui subì gli stessi tormenti del primo.
9 Quando ormai era all'ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci togli dalla vita presente. Ma il re dell'universo ci farà risorgere per una vita che non finisce, dato che moriamo per le sue leggi».
10 Dopo di lui fu torturato il terzo fratello. Appena glielo chiesero, egli tirò fuori la lingua e stese le mani con coraggio.
11 Intrepido disse: «Queste membra le ho ricevute da Dio, e ora sono pronto a sacrificarle per amore delle sue leggi. Ma sono certo di riaverle da Dio stesso».
12 Anche il re e quelli che erano con lui furono meravigliati per il coraggio di questo giovane. Egli non teneva in nessun conto le torture.
13 Appena mori, torturarono anche il quarto fratello con gli stessi supplizi.
14 Stava oramai per morire, quando disse: «E' bello essere uccisi dagli uomini, quando si ha una speranza: Dio ha promesso di ridare la vita. Per te, invece, non ci sarà risurrezione per la vita».
15 Subito dopo portarono alla tortura anche il quinto fratello.
16 Ma lui, fissando il re, disse: «Anche se sei mortale come noi, tu hai il potere sugli uomini e perciò fai quello che vuoi. Non credere però che Dio abbia abbandonato il nostro popolo.
17 Aspetta ancora un po', e farai i conti con la grande potenza di Dio. Egli castigherà te e i tuoi discendenti».
18 Dopo di lui portarono il sesto fratello. Mentre moriva disse al re: «Non illuderti senza ragione. Noi soffriamo queste cose per colpa nostra: abbiamo infatti peccato contro il nostro Dio. Per questo ci capitano queste terribili prove.
19 Ma tu che hai osato combattere contro Dio, non credere di restare senza castigo».
La madre dei Maccabei


IL MARTIRIO DELL'ULTIMO FIGLIO E DELLA MADRE
20 Degna di essere ammirata e ricordata più di tutti fu la madre. Essa vide morire in un sol giorno i suoi sette figli. Eppure sopportò la prova con coraggio, per la speranza che aveva nel Signore.
21 In ebraico li esortava, a uno a uno. Piena di nobili sentimenti, univa la tenerezza femminile a un coraggio da uomo. Diceva loro:
22 «L'inizio della vostra vita dentro di me è stata una cosa meravigliosa, che continua a sorprendermi. Non sono stata io a darvi il respiro e la vita. Non sono stata io a formare le membra di ciascuno di voi.
23 Il Creatore del mondo, che sta all'origine di tutte le cose, forma anche l'uomo. Voi trascurate voi stessi per amore delle sue leggi, ma lui, nella sua bontà, vi darà di nuovo il respiro e la vita».
24 Antioco allora si sentì offeso. Pensava che quelle parole fossero un rimprovero per lui. Siccome il più giovane dei fratelli era ancora in vita, egli lo esortava, non solo a parole, ma anche con giuramenti e gli faceva promesse. Se si fosse staccato dalle tradizioni dei suoi padri, lo avrebbe fatto ricco e felice; lo avrebbe considerato un amico e gli avrebbe dato pubblici incarichi.
25 Ma il giovane non badava affatto a queste parole. Allora il re fece chiamare la madre e la invitò a consigliare il ragazzo perché salvasse la propria vita.
26 Siccome il re insisteva tanto, la madre accettò di dare consigli al figlio.
27 Si curvò sopra di lui e a dispetto del crudele tiranno, disse in ebraico: «Figlio mio, abbi compassione di me che per nove mesi ti ho portato in seno e per tre anni ti ho allattato. Ti ho allevato, ti ho dato il nutrimento e ti ho portato a questa età.
28 Ti scongiuro, figlio mio, guarda il cielo e la terra e osserva tutte le cose che si trovano in essi. Sappi che il Signore non le ha ricavate da cose che esistevano prima; e nello stesso modo egli ha fatto il genere umano.
29 Non aver paura di questo carnefice. Sii degno dei tuoi fratelli e accetta la morte. Così, io ti riavrò insieme ai tuoi fratelli, quando il Signore manifesterà la sua misericordia».
30 La madre stava ancora parlando, quando il giovane disse: «Che cosa aspettate? Io non ubbidisco al comando del re, ma solo alla legge che Dio ha dato ai nostri padri per mezzo di Mosè.
31 E tu, che sei il responsabile di tutti i mali piombati sugli Ebrei, non sfuggirai al giudizio di Dio.
32 Noi soffriamo per i nostri peccati.
33 Ora il Signore nostro, il Vivente, si è sdegnato con noi per breve tempo, e per questo ci castiga e ci corregge. Ma egli si riconcilierà di nuovo con noi, suoi servi.
34 E tu, che sei il più empio e crudele di tutti gli uomini, non esaltarti come uno stupido. Non abbandonarti a vane speranze, mentre alzi la mano contro i figli di Dio.
35 Tu non sei ancora sfuggito al giudizio di Dio che è Onnipotente e vede tutto.
36 Ora, i miei fratelli hanno sopportato un tormento breve, e in vista della vita eterna, sono morti per amore dell'alleanza di Dio. Tu, invece, sarai condannato da Dio e riceverai i castighi che ti meriti per la tua superbia.
37 Io, insieme ai miei fratelli, sacrifico il corpo e la vita per le leggi dei padri. Prego Dio perché si dimostri presto misericordioso con il suo popolo, e perché tu, fra tormenti e flagelli, possa riconoscere che egli è il solo Dio.
38 L'ira di Dio Onnipotente, che giustamente ha colpito la nostra stirpe, possa finire con me e con i miei fratelli».
39 Allora il re andò su tutte le furie e infierì su di lui più crudelmente che sugli altri. Non sopportava di essere contraddetto e disprezzato.
40 Così anche l'ultimo dei fratelli morì senza venir meno alla legge: l'unica sua fiducia riposava nel Signore.
41 Per ultima, dopo i figli, morì anche la madre.
42 Ma dei banchetti sacrificali e delle eccessive crudeltà abbiamo già scritto abbastanza.

LE IMPRESE DI GIUDA IL MACCABEO

CAPITOLO 8

GIUDA MACCABEO SI DA ALLA MACCHIA

1 Intanto Giuda Maccabeo e i suoi compagni entravano di nascosto nei villaggi. Raccoglievano attorno a sé i parenti e quelli che erano rimasti fedeli alla legge. In tutto formarono un gruppo di circa seimila persone.
2 Essi pregavano il Signore di guardare con amore il popolo, che era calpestato da tutti; di voler risparmiare il tempio, profanato da uomini empi;
3 di avere pietà della città che andava in rovina e stava per essere rasa al suolo. Gli chiedevano anche di vendicare il sangue dei martiri che gridava verso di lui;
4 di ricordarsi dei bambini innocenti, che erano stati ingiustamente massacrati, e di punire tutti quelli che avevano bestemmiato contro di lui.
5 Giuda Maccabeo organizzò quel gruppo di uomini, e i pagani non poterono resistergli. Infatti Dio, che prima era sdegnato con loro, ora si mostrava benevolo.
6 Giuda piombava improvvisamente su città e villaggi e li incendiava. Occupava le posizioni migliori e spesso metteva in fuga moltissimi nemici
7 Per queste razzie, egli preferiva la notte. Intanto la fama della sua bravura si diffondeva dappertutto.

GIUDA SCONFIGGE NICANORE

(vedi 1 Maccabei 3, 38-4, 27)
8 Filippo si accorse che Giuda a poco a poco migliorava le sue posizioni, e i suoi successi si facevano sempre più frequenti. Allora scrisse a Tolomeo, governatore delle regioni della Celesiria e della Fenicia e gli chiese di intervenire per difendere gli interessi del re.
9 Tolomeo scelse immediatamente Nicanore, figlio di Patroclo, uno dei più stretti collaboratori del re, e lo inviò, alla testa di un esercito di almeno ventimila soldati di varie nazioni, con l'ordine di sterminare la razza ebraica. Mandò con lui anche Gorgia, un comandante di professione, molto esperto in strategia militare.
10 Nicanore doveva pagare ai Romani, come tributo, quasi settecento quintali d'argento. Si propose allora di mettere insieme tutti quei soldi, vendendo come schiavi gli Ebrei che avrebbe fatti prigionieri.
11 Perciò invitò subito le città situate sulla riva del mare a comprarli: prometteva loro novanta Ebrei per la somma di trentaquattro chili d'argento. Non pensava affatto che Dio Onnipotente stava per colpirlo con la sua vendetta.
12 La notizia dell'avanzata di Nicanore arrivò a Giuda. Egli informò i suoi compagni che l'esercito nemico era vicino.
13 Allora, tra i suoi soldati, quelli che erano paurosi e non avevano fiducia nella giustizia di Dio fuggirono e cercarono rifugio altrove.
14 Gli altri, invece, vendettero tutto quello che avevano e si misero a pregare il Signore di salvarli da Nicanore, quel maledetto, che li aveva venduti ancora prima della battaglia.
15 E lo pregavano appoggiandosi non sui loro meriti, ma sull'alleanza che egli aveva fatto con i loro padri. Avevano fiducia, perché su di loro era stata invocata la sua protezione santa e gloriosa.
16 Allora Giuda Maccabeo radunò i suoi uomini: seimila in tutto. Li esortò a non lasciarsi prendere dalla paura davanti ai nemici. Non si dovevano preoccupare se i pagani, che stavano per attaccarli senza alcun motivo, erano una grande massa. Per incitarli a combattere con coraggio ricordò loro alcuni fatti.
17 Bastava che tenessero davanti agli occhi l'orribile oltraggio compiuto dai nemici verso il tempio; la desolazione e l'umiliazione della città di Gerusalemme e, da ultimo, l'abolizione delle tradizioni degli antenati.
18 Tra l'altro disse: «Quelli confidano nelle loro armi e nel loro valore! noi invece confidiamo in Dio, che è Onnipotente e può con un solo cenno distruggere non soltanto i nemici, che ora ci assalgono, ma il mondo intero!».
19 Infine Giuda ricordò ai suoi uomini le occasioni in cui Dio aveva aiutato i loro antenati: come, al tempo del re Sennacherib, erano periti centottantamila nemici;
20 e anche come in Babilonia, nella battaglia contro i Galati, gli Ebrei erano andati all'attacco con appena ottomila uomini. Essi combattevano allora al fianco di quattromila Macedoni; ma i Macedoni vennero a trovarsi in difficoltà e gli ottomila Ebrei, aiutati dal Signore, riuscirono da soli a sterminare centoventimila nemici, e fecero anche un grosso bottino.
21-22 Con queste parole riuscì a infondere tanto coraggio ai suoi soldati, che essi erano ormai pronti anche a morire per la legge di Dio e per la patria. Allora egli divise l'esercito in quattro corpi di millecinquecento uomini ciascuno. Al comando di ciascun corpo c'erano, oltre a lui, i suoi fratelli Simone, Giuseppe e Gionata.
23 Poi incaricò Eleazaro di leggere il libro santo. Dopo aver data la parola d'ordine «E' Dio che ci aiuta!», Giuda, alla testa del primo reparto dell'esercito, attaccò Nicanore.

INTERVENTO STRAORDINARIO DI DIO
24 Dio, con la sua onnipotenza, combatté al loro fianco. Così Giuda e i suoi uomini uccisero più di novemila nemici. Ferirono e mutilarono molti dei soldati di Nicanore e costrinsero tutti gli altri a fuggire.
25 Riuscirono anche a mettere le mani sul denaro dei mercanti, che erano venuti a comprarli come schiavi. Inseguirono i nemici in fuga per un bel pezzo di strada; ma poi tornarono indietro, perché si era fatto tardi
26 ed era la vigilia del sabato. Perciò non continuarono l'inseguimento,
27 ma si limitarono a raccogliere le armi e i bagagli dei nemici. Poi passarono il sabato benedicendo più che mai il Signore. Lo lodarono perché in quell'occasione aveva fatto scendere su di loro, come rugiada, le prime gocce della sua misericordia.
28 L'indomani distribuirono una parte del bottino alle vittime della persecuzione, alle vedove e agli orfani. Il resto lo divisero tra loro stessi e i propri figli.
29 Infine, si misero a pregare tutti insieme. Chiesero al Signore di avere misericordia e di trattare con bontà i suoi servi.

GIUDA SCONFIGGE ANCHE TIMOTEO E BACCHIDE

30 Giuda e i suoi uomini attaccarono anche i soldati di Timoteo e di Bacchide e ne uccisero più di ventimila. Si impadronirono di alcune fortezze situate sulle alture. Divisero il grosso bottino in parti uguali: per sé, per i perseguitati, per gli orfani e le vedove, senza dimenticare gli anziani.
31 Raccolsero con cura le armi dei nemici e le deposero in luoghi sicuri, il resto del bottino lo portarono invece a Gerusalemme.
32 In quell'occasione Giuda e i suoi uomini uccisero anche un capotribù del seguito di Timoteo, un farabutto che aveva fatto molto male agli Ebrei.
33 Tornati a Gerusalemme, mentre festeggiavano la vittoria, bruciarono vivi quelli che avevano incendiato le porte del tempio e che insieme con Callistene avevano cercato rifugio in una piccola casa. Così quegli empi furono ripagati come si meritavano.

NICANORE FUGGE AD ANTIOCHIA

34 Nicanore, quel gran maledetto, aveva portato con sé mille mercanti per vendere gli Ebrei come schiavi.
35 Ma, grazie all'intervento del Signore, fu umiliato proprio da loro che lui credeva buoni a nulla. Egli buttò via la sua splendida veste e si mise a fuggire per i campi, come uno schiavo appena scappato. Arrivò ad Antiochia solo e abbandonato da tutti. E poteva ancora dirsi fortunato, dopo che il suo esercito era stato distrutto.
36 Nicanore aveva promesso ai Romani di pagare il tributo con la vendita dei cittadini di Gerusalemme che avrebbe fatto prigionieri. Ora proprio lui diceva apertamente che il Dio degli Ebrei era un grande difensore. Anzi affermava che erano invincibili perché seguivano le leggi che quel difensore aveva loro comandato di osservare.

CAPITOLO 9

ANTIOCO EPIFANE SI AMMALA GRAVEMENTE

(vedi 1 Maccabei 6, 1-17; 2 Maccabei 1, 11-17)
1 In quel tempo il re Antioco dovette tornare sconfitto dalle regioni della Persia.
2 Egli era entrato nella città di Persepoli e si era messo a saccheggiare il tempio e ad opprimere la città. Ma la popolazione si era ribellata e aveva impugnato le armi. Così Antioco fu messo in fuga dagli abitanti di quella città e fu costretto a una ritirata vergognosa.
3 Quando arrivò nei dintorni della città di Ecbatana, Antioco venne a sapere quello che era successo a Nicanore e ai soldati di Timoteo.
4 Allora, preso dal furore, si propose di far pagare agli Ebrei lo smacco di essere stato costretto a fuggire. Perciò ordinò al cocchiere di accelerare senza sosta la corsa del carro e di non fermarsi per nessuna ragione prima della fine del viaggio. Ma Dio gli stava vicino con il suo giudizio. Antioco nella sua superbia disse: «Quando arriverò a Gerusalemme, farò di quella città la fossa comune degli Ebrei!».
5 Ma il Signore, il Dio d'Israele che vede tutto, lo colpì con una piaga incurabile e invisibile. Appena ebbe finito di dire quelle parole, Antioco fu subito assalito da atroci fitte di mal di ventre.
6 Era proprio quello che si meritava uno come lui che aveva torturato sul ventre tante persone, con svariati e barbari tormenti.
7 Ma Antioco non rinunziò affatto alla sua arroganza. Era talmente pieno di superbia, che dalle sue narici sprizzava fiammate d'ira contro gli Ebrei. Ordinò di accelerare ancora la corsa. E all'improvviso cadde dal carro. La caduta fu tanto violenta che egli rimase ferito in tutte le parti del corpo.
8 Prima Antioco si riteneva onnipotente: pretendeva di comandare alle onde del mare e si illudeva di poter pesare le più alte montagne con la bilancia. Allora, scaraventato a terra, dovette essere portato via su una lettiga. Così tutti poterono vedere quanto è potente Dio.
9 Gli occhi di quell'empio si riempivano di vermi e le sue carni, mentre lui era ancora in vita, gli cadevano a pezzi tra atroci dolori. Puzzava tanto che tutto l'esercito era stomacato dalla nausea che gli faceva venire quel putridume.
10 Poco prima Antioco credeva di poter raggiungere le stelle del cielo; ora nessuno resisteva a stargli vicino, tanto era insopportabile la sua puzza.

ANTIOCO SEMBRA CONVERTIRSI

11 A quel punto, tutto coperto di ferite, Antioco cominciò a mettere da parte tutta la sua superbia. Tormentato dal dolore, che non gli dava tregua, cominciò a vedere le cose nella loro giusta luce e capì che era Dio a castigarlo.
12 Non riusciva più nemmeno lui a sopportare il fetore che emanava. Alla fine riconobbe: «E' giusto sottomettersi a Dio. Nessun mortale può pretendere di essergli uguale!».
13 Quel maledetto si mise allora a pregare il Signore, ma il Signore non poteva più avere misericordia di lui. Antioco promise
14 al Signore di dichiarare libera Gerusalemme, la città santa, dove prima voleva recarsi con tanta fretta per raderla al suolo e farne una fossa di cadaveri.
15 Prima pensava che gli Ebrei non erano degni di sepoltura, ma buoni soltanto a servire da cibo agli uccelli rapaci o a essere gettati in pasto alle belve, essi e i loro bambini. Ora, invece, si impegnò a dare agli Ebrei gli stessi privilegi che godevano gli Ateniesi.
16 Promise poi di abbellire il tempio santo con magnifici doni, lui che prima l'aveva saccheggiato. Era deciso a restituire i vasi sacri del tempio, e in numero ancora maggiore, e si impegnava anche a provvedere di tasca sua alle spese per l'offerta dei sacrifici.
17 Arrivò persino a promettere di farsi ebreo e di mettersi a percorrere il mondo intero, con l'intenzione di proclamare dappertutto la potenza di Dio.
18 Ma il giusto giudizio di Dio pesava ormai su di lui e le sue sofferenze non gli diedero tregua un solo istante. Alla fine, privo di ogni speranza, Antioco scrisse agli Ebrei una lettera che aveva il tono di una supplica. Il testo della lettera era questo:
19 «Il re e comandante supremo Antioco augura agli ottimi cittadini ebrei gioia, salute e prosperità.
20 Se voi e i vostri figli state bene e gli affari vanno secondo i vostri desideri, io ringrazio vivamente il cielo.
21 «Io, da un po' di tempo, mi sento senza forze, ma vi ricordo con affetto. Dopo il mio ritorno dalla Persia, sono caduto in una brutta malattia. Perciò ritengo necessario pensare alla sicurezza di tutti.
22 Non che io disperi della mia situazione; al contrario ho una grande fiducia di guarire.
23 «Ricordo però che anche mio padre, quando fece spedizioni nelle regioni settentrionali designò lui stesso il suo successore.
24 Così nel caso di qualche imprevisto o di qualche brutta notizia, gli abitanti del paese non dovevano preoccuparsi, perché sapevano a chi era stato lasciato il potere.
25 «Io devo tenere conto che i re e le nazioni vicine stanno all'erta e aspettano solo il momento buono per approfittarne. Perciò ho designato re mio figlio Antioco, che spesso affidai e raccomandai ai più ragguardevoli di voi quando dovevo andare nelle regioni settentrionali per motivi urgenti. Ho mandato a mio figlio Antioco la lettera qui allegata.
26 «Vi prego dunque, anzi vi scongiuro, di ricordarvi dei benefici pubblici o privati che avete ricevuto da me. Ognuno di voi conservi verso mio figlio la stessa benevolenza che avete avuto verso di me.
27 Sono convinto infatti che lui, pieno di umanità, seguirà scrupolosamente il mio programma e verrà incontro ai vostri desideri».
28 Così, quell'assassino che aveva maledetto Dio dovette soffrire pene orribili, come lui ne aveva fatte patire agli altri. E fece una misera fine: morì in terra straniera, in una zona di alta montagna.
29 Il suo cadavere fu portato via da Filippo, suo stretto collaboratore. Ma poi Filippo, che non si fidava del figlio di Antioco, si rifugiò in Egitto, da Tolomeo Filometore.

CAPITOLO 10

GIUDA PURIFICA IL TEMPIO E RESTAURA IL CULTO

(vedi 1 Maccabei 4, 36-61)
1 Giuda Maccabeo e i suoi compagni, guidati dal Signore, riconquistarono il tempio e la città di Gerusalemme.
2 Demolirono gli altari che i pagani avevano costruito sulla piazza del mercato e distrussero tutti i loro luoghi di culto.
3 Poi purificarono il tempio e costruirono un nuovo altare. Accesero il fuoco con scintille fatte sprigionare da pietre focaie e offrirono sacrifici per la prima volta dopo due anni di interruzione. Fecero bruciare l'incenso, accesero le lampade ed esposero i pani sacri sulla mensa.
4 Dopo aver compiuto questi riti, si prostrarono a terra e pregarono il Signore di non farli mai più cadere in una disgrazia simile. Gli domandarono di castigarli subito con moderazione, se succedeva loro di peccare, ma di non abbandonarli nelle mani di gente empia e crudele.
5 Il tempio fu purificato proprio nell'anniversario del giorno in cui i pagani lo avevano profanato. Difatti era il 25 del mese chiamato Casleu.
6 Gli Ebrei fecero festa per otto giorni, come in occasione della festa delle Tende. Era ancora vivo in loro il ricordo di come, poco tempo prima, avevano passato la festa delle Tende: raminghi tra monti e grotte come bestie selvagge.
7 Portarono in processione bastoni ornati, rami verdi e palme, e innalzarono inni a Dio, che aveva reso possibile la purificazione del suo tempio.
8 Infine, in assemblea, decisero di celebrare ogni anno quella data e presero questo impegno, con votazione unanime, a nome di tutto il popolo ebreo.

ANTIOCO EUPATORE SUCCEDE A SUO PADRE

9 Abbiamo appena raccontato come morì Antioco, detto Epifane.
10 Ora descriveremo quello che accadde sotto il regno di Antioco Eupatore, figlio di quel maledetto. Ci limiteremo però a riassumere i mali provocati dalle sue guerre.
11 Dopo essere salito al trono, Antioco Eupatore nominò capo del governo un certo Lisia, che era governatore delle regioni della Celesiria e della Fenicia.
12 Prima di lui governò quelle regioni Tolomeo, soprannominato Macrone. Egli però si era sforzato di trattare gli Ebrei con giustizia e fu il primo a cercare di risolvere pacificamente i loro problemi, dopo tutte le ingiustizie che avevano subito.
13 Per questo alcuni dei più stretti collaboratori del re accusarono Tolomeo Macrone presso Antioco Eupatore. Da tutte le parti Tolomeo si sentiva chiamare traditore. Lo accusavano di aver abbandonato l'isola di Cipro, che gli era stata affidata da Filometore e di essere passato dalla parte di Antioco Epifane. Egli allora, resosi conto di non essere stato all'altezza del suo compito, per disperazione si tolse la vita con il veleno.

GIUDA ATTACCA LE FORTEZZE DELL'IDUMEA

(vedi 1 Maccabei 5, 1-8)
14 Gorgia, diventato governatore dell'Idumea, arruolava delle truppe di mercenari e cercava tutti i pretesti per far guerra agli Ebrei.
15 Nello stesso tempo anche gli Idumei, che erano padroni di importanti fortezze, facevano rappresaglie contro gli Ebrei. Nel tentativo di provocarli alla guerra, accoglievano tutti quelli che erano stati espulsi da Gerusalemme.
16 Allora Giuda Maccabeo e i suoi soldati fecero una preghiera pubblica e domandarono a Dio di combattere al loro fianco. Poi si misero in marcia contro le fortezze degli Idumei.
17 Dopo un violento attacco, ottennero il controllo delle posizioni e respinsero quanti combattevano sulle mura. Sgozzarono tutti quelli che capitavano sotto: ne uccisero non meno di ventimila.
18 Ma almeno novemila soldati nemici si rifugiarono in due torri molto fortificate e fornite di tutto quello che ci vuole per resistere a un assedio.
19 Allora Giuda Maccabeo lasciò là Simone e Giuseppe, insieme a Zaccheo e ai suoi soldati, in numero sufficiente per continuare l'assedio. Lui invece partì per andare altrove, dove era più urgente la sua presenza.
20 Ma i soldati di Simone, attirati dal guadagno, per denaro si lasciarono corrompere da alcuni nemici assediati nelle due torri. Intascarono la somma di settantamila monete d'argento e ne lasciarono scappare un certo numero.
21 Quando venne a sapere quel che era accaduto, Giuda Maccabeo radunò i capi delle truppe. Egli accusò i colpevoli di avere venduto per denaro i loro fratelli in cambio della libertà di alcuni nemici.
22 Perciò mise a morte quei traditori e poi espugnò subito le due torri.
23 Sotto la sua direzione l'impresa ebbe successo, e Giuda uccise nelle due fortezze più di ventimila uomini.

GIUDA OCCUPA GHEZER

24 Timoteo, che in precedenza era stato sconfitto dagli Ebrei, radunò un grosso esercito di mercenari e una gran quantità di cavalli provenienti dall'Asia. Poi venne in Giudea con l'intenzione di conquistarla con le armi.
25 All'avvicinarsi di Timoteo, Giuda Maccabeo e i suoi uomini si misero a supplicare Dio. In segno di tristezza, si cosparsero il capo di cenere e indossarono vestiti di sacco.
26 Distesi a terra ai piedi dell'altare, pregarono il Signore di essere misericordioso con loro e dimostrarsi nemico dei loro nemici e avversario dei loro avversari, come aveva promesso nel libro della legge.
27 Al termine della preghiera, impugnarono le armi, avanzarono fino a una certa distanza da Gerusalemme e si fermarono vicino ai nemici.
28 L'indomani, appena si fece chiaro, i due eserciti attaccarono battaglia. Gli Ebrei avevano come garanzia di successo e di vittoria, oltre il proprio valore, il Signore stesso loro sicuro rifugio. Gli altri, invece, nel combattimento erano sostenuti solo dal loro furore.
29 Nel mezzo della battaglia, alla vista dei nemici, apparvero dal cielo cinque uomini maestosi su cavalli dalle briglie d'oro, che si misero alla testa dei soldati ebrei.
30 Presero in mezzo a loro Giuda Maccabeo e gli diedero riparo dietro le loro armature. Così nessuno poteva più colpirlo. I cinque lanciavano invece lampi e saette sui nemici che, abbagliati e sconvolti, si dispersero nel più completo disordine.
31 Furono uccisi in tutto venticinquemilacinquecento fanti e seicento cavalieri nemici.
32 Ma Timoteo riuscì a fuggire in una fortezza ben difesa, chiamata Ghezer, dove comandava Cherea.
33 Giuda e i suoi uomini, pieni di entusiasmo, assediarono quella fortezza per quattro giorni.
34 I nemici che si trovavano dentro pensavano di essere al sicuro e lanciavano orrende bestemmie e insulti.
35 Ma all'alba del quinto giorno, venti giovani di Giuda Maccabeo, accesi di sdegno per le bestemmie sentite, si scagliarono contro la fortezza. Con un coraggio da eroi e un impeto da leoni, uccisero tutti quelli che capitavano loro nelle mani.
36 Intanto, dal lato opposto, altri soldati ebrei attaccarono gli assediati e incendiarono le torri. Accesero dei roghi e bruciarono vivi quei bestemmiatori. Il primo gruppo di soldati sfondò la porta e fece entrare il resto dell'esercito. Essi furono i primi a occupare la città.
37 Timoteo si era nascosto in una cisterna, ma fu scoperto e ucciso, e con lui anche suo fratello Cherea e Apollofane.
38 Al termine di questa impresa, i soldati ebrei ringraziarono con inni e canti di lode il Signore, che aveva dato l'aiuto decisivo a Israele e aveva assicurato loro la vittoria.

CAPITOLO 11

GIUDA SCONFIGGE LISIA

(vedi 1 Maccabei 4, 26-35)
1 Lisia, tutore e parente del re, e capo del governo, non poté sopportare l'accaduto. Poco tempo dopo,
2 radunò circa ottantamila fanti e tutta la sua cavalleria e si mise in marcia contro gli Ebrei. Il suo piano era di trasformare Gerusalemme in una città di residenza per i Greci,
3 di imporre al tempio le tasse che pagavano i santuari pagani e di mettere in vendita ogni anno la carica di sommo sacerdote.
4 Lisia non teneva in nessun conto la potenza di Dio. Si sentiva sicuro perché aveva fanti in gran numero, cavalieri a migliaia e anche una ottantina di elefanti.
5 Arrivato nella Giudea, si diresse a Bet-Zur, una località ben fortificata distante circa trenta chilometri da Gerusalemme, e l'assediò.
6 Quando Giuda Maccabeo e i suoi uomini vennero a sapere che Lisia assediava le loro fortezze, si radunarono con tutto il popolo e pregarono il Signore, tra gemiti e lacrime, di mandare un angelo buono a salvare Israele.
7 Poi Giuda Maccabeo per primo impugnò le armi e incitò gli altri ad affrontare insieme il pericolo: dovevano portare soccorso ai loro fratelli. Allora tutti compatti si lanciarono con coraggio contro il nemico.
8 Erano ancora nelle vicinanze di Gerusalemme, quando comparve alla loro testa un cavaliere vestito di bianco che impugnava armi d'oro.
9 Per questo, tutti insieme ringraziarono Dio per la sua misericordia e si rinfrancarono nel loro coraggio. Ormai si sentivano pronti ad assalire non solo uomini, ma anche bestie feroci o mura di ferro.
10 Avanzarono schierati in ordine di battaglia dietro a quell'alleato venuto dal cielo, perché il Signore aveva avuto pietà di loro.
11 Si gettarono sui nemici come leoni. Uccisero undicimila fanti e milleseicento cavalieri e costrinsero tutto il resto dell'esercito a fuggire.
12 La maggior parte dei nemici che riuscirono a mettersi in salvo erano feriti e disarmati. Lo stesso Lisia si salvò soltanto con una fuga vergognosa.
L'angelo dei Maccabei


TRATTATIVE DI PACE
(vedi 1 Maccabei 6, 57-61)
13 Ma Lisia non era uno stupido, e si mise a riflettere sulla sconfitta che aveva appena subita. Si rese conto che gli Ebrei erano invincibili perché Dio, con la sua potenza, combatteva per loro.
14 Perciò mandò ad essi messaggeri, per proporre un giusto accordo di pace. Promise anche di convincere il re a diventare loro amico.
15 Giuda Maccabeo, preoccupato per il bene comune, accettò tutte le proposte di Lisia. E il re, da parte sua, concesse in favore degli Ebrei quello che il Maccabeo aveva richiesto per scritto a Lisia.
16 Il testo della lettera che Lisia mandò agli Ebrei è questo:
«Lisia saluta il popolo ebrei!
17 «I vostri inviati, Giovanni e Assalonne, mi hanno presentato il documento qui allegato e mi hanno chiesto di ratificare le proposte che contiene.
18 Io ho esposto al re quello che gli doveva essere riferito e, da parte mia, ho già accordato tutto quello che era di mia competenza.
19 Se voi resterete fedeli al governo, io mi impegnerò per i vostri interessi anche in futuro.
20 «Ho poi incaricato, per alcune questioni particolari, i vostri messaggeri e i miei rappresentanti, di trovare una soluzione insieme con voi.
21 «State bene!».
La lettera era datata il 24 del mese di Dioscoro dell'anno 148.

LA LETTERA DEL RE A LISIA

22 Ed ecco ora il testo della lettera del re: «Il re Antioco saluta Lisia, amico del re.
23 «Mio padre ha ormai raggiunto gli dèi ed è mio desiderio che i cittadini del mio regno possano dedicarsi in pace ai loro affari.
24 «Abbiamo saputo che gli Ebrei non vogliono adottare il modo di vivere dei Greci, come aveva invece comandato mio padre. Essi preferiscono seguire le loro tradizioni e chiedono di essere autorizzati a osservare le loro leggi.
25 «E' mio desiderio che questo popolo viva tranquillo come tutti gli altri. Perciò decido che agli Ebrei venga restituito il tempio e che essi, come cittadini, vivano secondo le tradizioni dei loro padri.
26 «Perciò tu, o Lisia, farai bene a mandare tuoi messaggeri da loro, per concludere un accordo. Così gli Ebrei, una volta venuti a conoscenza della mia decisione, riprenderanno fiducia e si dedicheranno di buon grado ai loro affari».

LETTERA DEL RE AGLI EBREI

27 Al popolo degli Ebrei il re aveva mandato questa lettera: «Il re Antioco saluta l'assemblea dei responsabili degli Ebrei e tutto il popolo.
28 Mi auguro che voi stiate bene. Quanto a me, io sono in buona salute.
29 «Menelao mi ha riferito che voi volete tornare nelle vostre terre, per dedicarvi ai vostri affari
30 Ebbene, tutti quelli che torneranno in patria entro il trenta del mese di Xantico, saranno sicuri della mia protezione.
31 Inoltre, d'ora in poi, gli Ebrei potranno far uso, come in passato, dei loro cibi speciali e seguire le proprie leggi. E per nessun motivo qualcuno di loro avrà più delle noie a causa di errori commessi soltanto per ignoranza.
32 Vi ho anche mandato Menelao per tranquillizzarvi.
33 «State bene!». La lettera era datata il 15 del mese di Cantico dell'anno 48.

LETTERA DEI ROMANI AGLI EBREI
34 Da parte loro, i Romani mandarono agli Ebrei questa lettera: «Quinto Memmio, Tito Manlio e Manio Sergio, ambasciatori romani, salutano il popolo ebreo!
35 «Noi Romani confermiamo tutte le concessioni che vi ha fatto Lisia, stretto collaboratore del re.
36 Quanto poi alle cose che egli ha pensato di dover sottoporre al re, vi invitiamo a esaminarle bene.
37 Poi mandateci al più presto messaggeri con le vostre decisioni. Così potremo presentarle al re nel modo più conveniente per voi.
38 «State bene!».
Questa lettera era datata il 15 del mese di Xantico dell'anno 148.

CAPITOLO 12

GIUDA VITTORIOSO SUI POPOLI VICINI

1 Fatti questi accordi, Lisia tornò dal re, e gli Ebrei ripresero il lavoro dei campi.
2 Ma in alcune regioni i governatori non permisero agli Ebrei di vivere e lavorare in pace. Tra essi vanno ricordati Timoteo e Apollonio, figlio di Genneo; inoltre Girolamo e Demofane e, in aggiunta, anche Nicanore, comandante dei mercenari di Cipro.
3 Un delitto orrendo fu commesso dagli abitanti di Giaffa. Essi invitarono gli Ebrei che vivevano con loro a salire con le mogli e i figli su alcune barche appositamente preparate, e li assicurarono che essi non avevano alcun rancore contro di loro.
4 Gli Ebrei accolsero l'invito fiduciosi, perché c'era stato addirittura un decreto pubblico a quel riguardo. Salirono sulle barche senza alcun sospetto. Desideravano infatti avere buone relazioni con loro. Ma quando furono in alto mare, furono fatti affondare. Erano non meno di duecento persone.
5 Venuto a conoscenza di quella brutale crudeltà commessa contro i suoi connazionali, Giuda Maccabeo convocò i suoi uomini.
6 Invocò Dio che è il giudice giusto. Poi marciò contro gli assassini dei suoi fratelli. Di notte incendiò il porto, bruciò le barche e uccise tutti quelli che vi avevano cercato rifugio.
7 Poi, visto che le porte della città erano sbarrate, lasciò Giaffa, ma con il proposito di tornarci, per sterminare tutti gli abitanti.
8 Intanto Giuda fu avvertito che anche gli abitanti di Iamnia volevano giocare lo stesso tiro agli Ebrei che abitavano con loro.
9 Allora, nottetempo, attaccò la città di Iamnia: incendiò il porto con tutta la flotta. Il rogo che fece era tanto grande che si vedevano le fiamme anche da Gerusalemme, alla distanza di oltre quaranta chilometri.

GIUDA CONQUISTA LA CITTA DI CASFIN

(vedi 1 Maccabei 5, 9-54)
10 Giuda e il suo esercito si misero in marcia contro Timoteo. Si erano appena allontanati di un chilometro e mezzo, quando furono assaliti da un esercito di Arabi. Erano non meno di cinquemila fanti e cinquecento cavalieri.
11 Ne seguì una battaglia violenta, ma gli uomini di Giuda Maccabeo, aiutati da Dio, ne uscirono pienamente vincitori. Quei nomadi, quando si videro sconfitti, chiesero a Giuda di fare la pace, promisero di procurargli del bestiame e di continuare ad aiutarlo in altri modi.
12 Giuda Maccabeo, persuaso che gli potevano essere veramente utili in tante cose, fece con loro la pace. E quelli, concluso l'accordo, si ritirarono nelle loro tende.
13 Giuda attaccò anche un'altra città fortificata. Era circondata da mura e abitata da gente di diversa provenienza. Il suo nome era Casfin.
14 Gli assediati, che si credevano al sicuro, fiduciosi nelle solide mura della città e nelle loro riserve di viveri, furono quanto mai insolenti verso Giuda e i suoi uomini: Il coprivano di insulti e urlavano orribili bestemmie.
15 Ma Giuda e i suoi soldati invocarono l'aiuto di Dio, il grande dominatore del mondo che, ai tempi di Giosuè, aveva fatto crollare Gerico senza usare né armi né macchine da guerra. Poi assalirono inferociti le mura di Casfin.
16 Come era nel disegno di Dio, conquistarono la città. Fecero una strage indescrivibile. Il lago vicino alla città, largo quattrocento metri circa, alla fine sembrava pieno di sangue.

GIUDA VITTORIOSO ANCHE A CAMION

(vedi 1 Maccabei 5, 37-44)
17 Allontanatisi di centotrenta chilometri circa, Giuda e i suoi uomini arrivarono a Caraca, presso un gruppo di Ebrei chiamati Tubiani.
18 Ma non trovarono Timoteo perché era già partito di là. Egli non aveva concluso nulla, ma aveva lasciato da quelle parti un presidio molto fortificato.
19 Allora Dositeo e Sosipatro, due comandanti dell'esercito di Giuda, attaccarono quella fortezza e uccisero tutti i soldati che Timoteo vi aveva lasciato: erano più di diecimila
20 Nel frattempo, Giuda Maccabeo divise il suo esercito in diverse pattuglie, e alla testa di ognuna nominò un capo. Poi marciò contro Timoteo, che aveva ai suoi ordini centoventimila fanti e duemilacinquecento cavalieri.
21 Quando fu informato dell'avanzata di Giuda, Timoteo mandò avanti le donne e i bambini con il grosso dei bagagli, per farli rifugiare in una località chiamata Carnion. Si trovava in un posto inespugnabile ed era anche difficile raggiungerla perché i passaggi, nella zona, erano tutti strettissimi.
22 Ma quando comparve la prima pattuglia di Giuda, i nemici furono invasi da una grande paura, perché si era manifestato il Dio che vede tutto.
23 Essi cominciarono a fuggire, chi da una parte e chi dall'altra. Nella confusione della fuga, in molti casi si ferivano l'un l'altro, colpiti dalla spada dei propri compagni. Giuda insegui senza tregua quei criminali. Ne uccise circa trentamila.
24 Timoteo era già caduto nelle mani di Dositeo e Sosipatro. Ma si valse di una grande astuzia: chiese di lasciarlo andare sano e salvo. Disse che teneva in ostaggio i genitori o i fratelli di molti di loro e minacciò che sarebbero stati uccisi se lo toccavano.
25 Promise invece di restituire gli ostaggi, senza torcere loro un capello, se lo lasciavano libero. Li assicurò in tutti i modi che avrebbe mantenuto quell'impegno. E così gli Ebrei lo rilasciarono, per salvare la vita ai propri fratelli.
26 Poi Giuda tornò a Camion, dove si trovava un santuario della dea Astarte, chiamato Atergateo. Lo attaccò e uccise venticinquemila persone.

GIUDA TORNA VITTORIOSO A GERUSALEMME

(vedi 1 Maccabei 5, 45-54)
27 Dopo quella completa vittoria sui nemici, Giuda Maccabeo marciò anche contro la fortezza di Efron, dove si trovava Lisania. Sulle mura della città erano appostati giovani robusti che la difendevano con coraggio, e all'interno i nemici avevano una gran quantità di macchine da guerra e di proiettili.
28 Ma gli Ebrei invocarono l'aiuto del Signore che, con la sua potenza, spezza la resistenza dei nemici. Riuscirono a conquistare Efron e uccisero venticinquemila abitanti.
29 Di là si diressero verso Scitopoli, una città distante da Gerusalemme circa centodieci chilometri.
30 Ma gli Ebrei di quella città li assicurarono che gli abitanti di Scitopoli li avevano trattati bene e li avevano aiutati anche durante i momenti più brutti.
31 Allora Giuda e i suoi soldati ringraziarono la gente di Scitopoli e li pregarono di dimostrarsi ben disposti verso gli Ebrei anche in futuro. Poi tornarono a Gerusalemme, appena in tempo per la festa delle Settimane.

GIUDA SCONFIGGE GORGIA

32 Celebrata quella festa, chiamata anche Pentecoste, gli Ebrei si misero in marcia contro Gorgia, governatore dell'Idumea.
33 Gorgia era alla testa di tremila fanti e di quattrocento cavalieri.
34 Nella battaglia cadde però un piccolo numero di soldati ebrei.
35 Un certo Dositeo, un cavaliere valoroso del gruppo di Ebrei chiamati Tubiani, riuscì a mettere le mani su Gorgia. Lo prese per la divisa e si mise a trascinarlo di peso, perché voleva catturare quel maledetto. Ma un cavaliere originario della Tracia si gettò contro Dositeo e con un colpo gli tagliò via il braccio. Così Gorgia fuggì nella città di Maresa.
36 Gli Ebrei, comandati da Esdrin, combattevano da tanto tempo e, a un certo punto, quasi crollavano per la stanchezza. Allora Giuda Maccabeo pregò il Signore di mettersi al loro fianco e di guidarli nella battaglia.
37 Poi intonò in ebraico il grido di guerra e altri canti. Attaccò di sorpresa gli uomini di Gorgia e li mise in fuga.

UN SACRIFICIO OFFERTO PER I MORTI
38 In seguito, Giuda radunò l'esercito e raggiunse la città di Odollam. Stava per iniziare il settimo giorno della settimana. Perciò si purificarono secondo l'usanza e là celebrarono il
sabato.
39 Era diventato ormai urgente raccogliere i cadaveri dei soldati caduti. Perciò, l'indomani, Giuda e i suoi uomini andarono a prenderli per seppellirli nelle tombe di famiglia insieme ai loro parenti.
40 Ma sotto la tunica di ciascuno di loro trovarono degli amuleti dedicati agli idoli di Iamnia, oggetti che la legge proibisce espressamente agli Ebrei di portare addosso. Così tutti capirono perché quei soldati erano morti.
41 Allora lodarono l'opera del Signore, il giudice giusto che svela le cose nascoste.
42 E poi si misero a pregarlo, per ottenere il completo perdono di quel peccato. Il nobile Giuda esortò la sua gente a tenersi lontana dal male, perché avevano visto con i loro occhi quel che era capitato a quei soldati, morti in battaglia a causa del loro peccato.
43 Poi Giuda fece una colletta fra il suo esercito. Raccolse del denaro da ciascun soldato e mandò a Gerusalemme la somma di duemila monete d'argento, e con esse fece offrire un sacrificio per il perdono dei peccati. Il suo fu un gesto bello e nobile, suggerito dalla fiducia nella risurrezione.
44 Infatti, se Giuda non avesse sperato che quei soldati caduti sarebbero risorti, non avrebbe avuto nessun senso pregare per i morti.
45 Invece Giuda era sicuro che a quanti fanno una morte santa è destinata una ricompensa magnifica. Perciò egli si lasciò ispirare da un pensiero santo e bello. E proprio per quel motivo fece offrire un sacrificio per il perdono, perché quei morti fossero liberati dal loro peccato.

CAPITOLO 13

ANTIOCO FA UCCIDERE MENELAO

1 Nell'anno 149 dell'èra greca, Giuda e i suoi uomini vennero a sapere che Antioco Eupatore stava per invadere la Giudea con numerose truppe.
2 Era accompagnato anche da Lisia, suo tutore e capo del governo. Ciascuno dei due era alla testa di un esercito greco di centodiecimila fanti, cinquemilacinquecento cavalieri, ventidue elefanti e trecento carri da guerra muniti di falci.
3 Si unì a loro anche Menelao. Egli, con molta astuzia, si mise a istigare ancor più Antioco. Era tutt'altro che mosso da amor di patria. Coltivava soltanto la segreta speranza di tornare al potere.
4 Ma Dio, il re dei re, suscitò contro quel disgraziato le ire di Antioco. Lisia dimostrò al re che era Menelao il colpevole di tutti i suoi guai. Allora Antioco ordinò di portare Menelao a Berea e di farlo morire come i condannati a morte di quelle parti.
5 Là c'era una torre alta più di venticinque metri, piena di cenere. Essa aveva in cima una speciale macchina rotante, inclinata da tutte le parti, che faceva affondare senza scampo nella cenere.
6 Era usata per i colpevoli di furto sacrilego o di qualche altro delitto particolarmente grave. Perché morissero, essi venivano sospinti su quella torre e gettati giù.
7 E quello fu anche il destino riservato all'infelice Menelao, che morì così senza nemmeno sepoltura.
8 Era proprio la fine che si meritava. Aveva attentato in molti modi alla santità dell'altare dove c'erano il fuoco sacro e la cenere, e nella cenere trovò la morte.

LA VITTORIA DEGLI EBREI A MODIN

9 Il re Antioco si era messo in marcia con l'animo pieno di ferocia, e voleva trattare gli Ebrei con sistemi più crudeli di quelli usati da suo padre.
10 Giuda Maccabeo, appena lo venne a sapere, ordinò al popolo di invocare il Signore, giorno e notte, senza interruzione. Dovevano chiedergli di aiutarli, come aveva fatto tante volte in passato, perché erano sul punto di perdere tutto: la legge, la patria e il tempio santo.
11 Il loro popolo si era appena ripreso. Il Signore non doveva lasciarli cadere nelle mani di quei pagani insolenti.
12 Tutti d'accordo ubbidirono all'ordine di Giuda. Per tre giorni e tre notti restarono prostrati a terra e fecero digiuno. Ininterrottamente, tra gemiti, invocarono il Signore perché avesse pietà di loro. Alla fine, Giuda Maccabeo fece un discorso per incoraggiarli e disse loro di tenersi pronti a combattere.
13 Convocò i responsabili del popolo, e al termine del consiglio di guerra decise di attaccare subito l'esercito del re, senza aspettare di lasciargli invadere la Giudea e assediare Gerusalemme. Era sicuro di risolvere in modo favorevole la situazione, per la fiducia che aveva nell'aiuto di Dio.
14 Perciò affidò al Creatore stesso del mondo l'esito della sua impresa. Incitò i suoi uomini a combattere eroicamente, disposti anche a morire per difendere le leggi, il tempio, la patria e le istituzioni. Fece accampare l'esercito nei pressi della città di Modin,
15 e diede ai suoi soldati, come parola d'ordine, "vittoria di Dio!". Poi scelse tra i suoi soldati più valorosi alcuni giovani. Li prese con sé e di notte attaccò l'accampamento dove era il quartier generale di Antioco. Essi uccisero circa duemila uomini e ammazzarono anche il più grosso degli elefanti e l'uomo che lo guidava.
16 Alla fine, l'accampamento nemico era pieno di confusione e di spavento, ed essi si ritirarono vittoriosi.
17 Quando portarono a termine la loro impresa, compiuta con l'aiuto del Signore che proteggeva Giuda, ormai si faceva giorno.

NUOVA SPEDIZIONE DI ANTIOCO IN GIUDEA

(vedi 1 Maccabei 6, 48-63)
18 Avuta quella prova del coraggio degli Ebrei, il re Antioco tentò di occupare la Giudea con astuzia.
19 Attaccò Bet-Zur, una fortezza ebraica molto solida, ma gli Ebrei lo respinsero e il suo esercito fu sconfitto e decimato.
20 Nel frattempo, Giuda aveva procurato agli assediati il necessario per resistere.
21 Purtroppo però vi fu, tra i soldati ebrei, un certo Rodoco, che rivelò i loro segreti militari ai nemici. Ma fu scoperto e quindi arrestato e giustiziato.
22 Allora, per la seconda volta, il re Antioco fu costretto a trattative con i soldati ebrei che difendevano Bet-Zur. Fece proposte di pace, concluse un accordo e partì. Poi attaccò l'esercito di Giuda, ma fu sconfitto.
23 Il re, alla sua partenza, aveva lasciato ad Antiochia Filippo, come responsabile degli affari. Ma proprio allora venne a sapere che Filippo si era ribellato e ne restò sconvolto. Convocò gli Ebrei e fece con essi trattative di pace. Accettò le loro richieste e giurò di rispettare i loro diritti. Così si riconciliò con loro. Poi onorò il tempio di Gerusalemme, dove offrì un sacrificio e lasciò un'offerta generosa,
24 e accolse con cordialità Giuda Maccabeo. In quell'occasione, Antioco nominò Egemonide comandante di tutta la regione che va dalla città di Tolemaide fino al territorio dei Gerreni.
25 Ma quando Antioco si recò a Tolemaide, trovò negli abitanti molto malcontento per l'accordo fatto con gli Ebrei. Essi erano talmente infuriati che volevano annullano.
26 Ma Lisia salì sulla tribuna e si difese nel modo più convincente possibile. Riuscì a persuaderli e a calmare gli animi. Quando fu certo che approvavano il suo operato, partì per Antiochia. Così andarono i fatti in quella spedizione e nella successiva ritirata del re Antioco.

CAPITOLO 14

SPEDIZIONE DI NICANORE

(vedi 1 Maccabei 7, 1-38)
1 Tre anni più tardi, Giuda Maccabeo e i suoi uomini vennero a sapere che Demetrio, figlio di Seleuco, era sbarcato nel porto di Tripoli con la sua flotta e un grosso esercito.
2 Aveva occupato la regione e ucciso il re Antioco e anche Lisia, suo rappresentante.
3 C'era un certo Alcimo, che in passato era stato sommo sacerdote, ma al tempo della ribellione si era volontariamente compromesso e reso indegno di quella carica. Egli era persuaso di essere ormai completamente screditato e che non avrebbe più potuto avvicinarsi al santo altare.
4 Verso l'anno 151 dell'èra greca, si recò dal re Demetrio e gli offrì in dono una corona d'oro, una palma e anche alcuni rami d'ulivo, simili a quelli che si portano al tempio. Per quel giorno non fece altro.
5 Ma non si lasciò sfuggire l'occasione per mettere in atto il piano folle che aveva in mente. Demetrio lo invitò a partecipare al Consiglio di stato e lo interrogò sulle condizioni e i progetti degli Ebrei. Alcimo rispose:
6 «Il gruppo di Ebrei chiamati Asidei che ha per capo Giuda Maccabeo, provoca guerre e ribellioni e non lascia in pace il tuo regno.
7 Anch'io ho perso la carica di sommo sacerdote che avevano i miei antenati, e ora sono qui per due motivi:
8 anzitutto perché mi stanno sinceramente a cuore gli interessi del re; in secondo luogo, perché sono preoccupato delle condizioni in cui si trovano i miei connazionali. Tutta la nostra gente soffre molto a causa della pazzia di quegli Ebrei che ho nominato poco fa.
9 Ora che sei venuto a conoscenza della situazione, tu, o re, intervieni e salva il nostro paese e la nostra nazione dal pericolo che li minaccia. Dimostra anche verso di noi la benevolenza e la bontà che hai verso tutti.
10 Finché Giuda sarà in vita, lo stato non potrà mai aver pace».
11 Appena Alcimo ebbe finito di parlare, gli altri collaboratori del re, ostili alla politica di Giuda, istigarono ancor più Demetrio.
12 Il re scelse subito Nicanore, capo delle truppe con gli elefanti. Lo nominò governatore della Giudea e lo fece partire
13 con l'ordine di uccidere Giuda, disperdere quelli che erano con lui e restituire ad Alcimo la carica di sommo sacerdote nel grande tempio di Gerusalemme.
14 Allora i pagani della Giudea che si erano dispersi davanti a Giuda, si unirono in massa ai soldati di Nicanore, nella speranza di poter approfittare delle molte disgrazie degli Ebrei.

NICANORE FA LA PACE CON GIUDA

15 Quando gli Ebrei vennero a sapere che l'esercito di Nicanore stava avanzando per aggredirli e che si erano uniti a lui i pagani della regione, si coprirono di cenere e invocarono l'aiuto di Dio. Egli si era scelto Israele come suo popolo e aveva sempre protetto i suoi eletti con evidenti prodigi.
16 Poi, al comando del loro capo, partirono subito dal luogo dove si trovavano e attaccarono il nemico nei pressi del villaggio di Dessau.
17 Anche Simone, fratello di Giuda, aveva dato battaglia a Nicanore, ma poi, in un attacco a sorpresa da parte dei nemici, aveva subito una leggera sconfitta.
18 Tuttavia Nicanore era venuto a sapere che i soldati di Giuda erano valorosi e combattevano con coraggio per difendere la patria. Perciò cercava di non arrivare a uno scontro decisivo, per non spargere inutilmente sangue.
19 E mandò Posidonio, Teodoto e Mattatia per trattare la pace.
20 Dopo un esame attento delle proposte, i comandanti delle due parti informarono le loro truppe. Il parere fu unanime: erano tutti d'accordo di fare la pace.
21 Si fissò allora la data per un incontro privato dei capi. Quel giorno i due eserciti fecero avanzare un carro da guerra, sul quale poi collocarono i seggi d'onore.
22 Nel frattempo, Giuda aveva fatto appostare in punti strategici uomini armati e pronti a intervenire nel caso di un attacco a tradimento da parte dei nemici. Ma quell'incontro finì con un accordo di pace.
23 In seguito, Nicanore si fermò per un po' di tempo a Gerusalemme, dove non fece nulla di ingiusto. Anzi allontanò quella gentaglia che si era ammassata attorno a lui.
24 Nicanore incontrava spesso Giuda e si affezionò sinceramente a lui.
25 Lo consigliò di sposarsi per farsi una famiglia. Così Giuda si sposò e iniziò a condurre una vita tranquilla, come un cittadino ordinario.

ALCIMO RIACCENDE LE OSTILITA - NICANORE MINACCIA IL TEMPIO

26 Ma Alcimo, visto che Nicanore e Giuda andavano d'accordo, si procurò una copia del loro trattato e andò da Demetrio. Accusò Nicanore di cospirare contro lo stato e di avere persino designato come suo successore Giuda, nemico giurato del suo regno.
27 Il re andò su tutte le furie e, mosso dalle calunnie di quel criminale, scrisse a Nicanore per dirgli che non riconosceva quegli accordi e gli ordinò di mandargli subito ad Antiochia il Maccabeo incatenato.
28 Appena ricevette quel messaggio, Nicanore rimase sconvolto: non poteva rassegnarsi all'idea di tradire un amico che non aveva fatto nulla di male ed era sempre rimasto fedele ai patti.
29 Ma non poteva opporsi alla volontà del re, e allora restò in attesa di un'occasione favorevole per eseguire, con uno stratagemma, l'ordine del re.
30 Intanto Giuda Maccabeo si accorse che Nicanore si mostrava più freddo con lui e nei loro incontri abituali lo trattava con meno affabilità. Si rese conto che quell'atteggiamento non prometteva nulla di buono. Radunò molti dei suoi uomini e non si fece più vedere da Nicanore.
31 Quando Nicanore capi che Giuda l'aveva giocato d'astuzia salì al grande e santo tempio di Gerusalemme. Era l'ora in cui i sacerdoti offrivano i consueti sacrifici. Ordinò loro di consegnargli quell'uomo.
32 Essi dichiararono con giuramento di non sapere dove si trovava.
33 Allora Nicanore stese la mano verso il tempio e fece questo giuramento: «Se voi non mi consegnate Giuda incatenato, io raderò al suolo questo tempio di Dio e distruggerò l'altare. Alloro posto costruirò un bel tempio in onore dei dio Dioniso!».
34 Detto questo, se ne andò. Allora i sacerdoti levarono le mani verso il cielo e incominciarono a invocare colui che ha sempre protetto il nostro popolo. Dicevano:
35 «Tu, o Signore, non hai bisogno di niente, eppure hai voluto avere in mezzo a noi questo tempio come tua Abitazione.
36 Tu solo, o Signore, sei santo! Non permettere più che venga profanata la tua casa, che è stata purificata da poco tempo».

IL SUICIDIO DI RAZIS

37 Un certo Razis, un capo del popolo di Gerusalemme, fu denunziato a Nicanore come patriota. Egli amava molto la patria; era stimato da tutti, e per la sua bontà era chiamato padre degli Ebrei.
38 Fin dai primi giorni della rivolta egli era stato accusato di seguire le tradizioni ebraiche. Le aveva difese senza risparmiarsi e per la sua fedeltà all'ebraismo aveva anche rischiato la vita.
39 Nicanore, per dimostrare l'odio che aveva per gli Ebrei, mandò più di cinquecento soldati ad arrestano.
40 Incarcerando Razis, pensava di dare un duro colpo agli Ebrei.
41 Le truppe di Nicanore erano già sul punto di occupare la torre dove era Razis. Stavano forzando la porta del cortile, quando fu invece dato l'ordine di appiccarvi il fuoco e di bruciarla. Quando Razis si vide circondato da ogni parte, si gettò sulla propria spada.
42 Preferiva morire con coraggio, piuttosto che finire nelle mani di quei criminali e subire insulti e umiliazioni.
43 Ma per la fretta e l'ansia del momento, sbagliò il colpo. Proprio in quel momento le truppe irruppero attraverso la porta. Allora Razis corse senza esitazione sulle mura e si buttò giù sulla folla.
44 La folla indietreggiò immediatamente, fece largo, e Razis cadde a terra nello spazio lasciato vuoto.
45 Ma respirava ancora. Acceso di sdegno ebbe la forza di rialzarsi. Anche se perdeva sangue dalle orribili ferite che si era fatto, passò di corsa in mezzo alla folla e salì su una roccia scoscesa.
46 Quando ormai era quasi completamente dissanguato, si strappò gli intestini dal ventre; li prese con tutte e due le mani e li gettò sulla folla. E intanto pregò Dio, il padrone della vita e dei respiro, di farglieli di nuovo riavere un bel giorno. E così morì.

CAPITOLO 15

NICANORE FA UN PIANO PER ATTACCARE GLI EBREI A TRADIMENTO

1 Intanto Nicanore venne a sapere che Giuda e i suoi uomini si trovavano nella regione della Samaria. Decis e di attaccarli di sabato, il giorno di riposo degli Ebrei, per non correre il minimo rischio.
2 Gli Ebrei che erano costretti a seguirlo gli dissero:
- Non fare un massacro così feroce e barbaro. Rispetta il giorno scelto e reso santo da colui che vede tutto!
3 Ma quel gran maledetto domandò:
- In cielo c'è davvero questo sovrano che ha ordinato di celebrare il sabato?
4 Gli risposero:
- sì, c'è! E il Signore vivente stesso, e ha comandato di osservare il giorno di sabato!
5 Nicanore replicò:
- Ma qui sulla terra sono io sovrano, e vi comando di prendere le armi e di eseguire i miei ordini!
Ma non riuscì a realizzare quel progetto crudele.

GIUDA INCORAGGIA I SUOI UOMINI

6 Nicanore, al sommo della sua arroganza, aveva deciso di costruire un monumento per ricordare la vittoria su Giuda e i suoi uomini.
7 Ma Giuda Maccabeo, convinto di ottenere aiuto dal Signore, restò incrollabile nella sua fiducia.
8 Esortò i suoi soldati a non aver paura dell'attacco dei nemici. Bastava ricordarsi dell'aiuto ricevuto in passato da Dio per essere sicuri che, anche quella volta, l'Onnipotente avrebbe dato loro la vittoria.
9 Poi li incoraggiò con parole prese dai libri della Legge e dai Profeti. Infine ricordò le battaglie che avevano già vinto. Così li caricò di entusiasmo.
10 Dopo averli entusiasmati, comunicò i suoi ordini e insegnò a disprezzare i pagani, perché non mantengono i loro giuramenti.
11 Così Giuda armò Ogni suo soldato non tanto con la sicurezza che danno gli scudi e le lance, quanto piuttosto con l'incoraggiamento che viene dalle parole nobili. Poi li rincuorò con il racconto dei sogno che aveva fatto, una visione degna di fede.
12 La visione era questa: gli era apparso Onia, che nel passato era stato sommo sacerdote, un uomo dabbene, di aspetto modesto e di tratto mite, distinto nei modo di parlare e addestrato fin dalla fanciullezza nella pratica della virtù. Egli, con le mani alzate verso il cielo, pregava per tutta la comunità degli Ebrei.
13 Era poi apparso anche un altro personaggio: un uomo dai capelli bianchi e molto distinto, imponente e circondato da un magnifico splendore.
14 Onia aveva preso la parola e aveva detto a Giuda: «E Geremia, il profeta di Dio! Egli ama i suoi fratelli Israeliti e prega molto per il nostro popolo e la città santa».
15 Allora Geremia aveva steso la mano destra e dato a Giuda una spada d'oro. Nel consegnargliela aveva detto:
16 «Ricevi questa spada santa come un dono da parte di Dio. Con essa tu sbaraglierai i nemici».

NICANORE SCONFITTO E UCCISO

(vedi 1 Maccabei 7, 39-50)
17 Incoraggiati dal discorso di Giuda, veramente nobile e capace di infondere forza e vigore ai giovani, gli Ebrei decisero di non restare nell'accampamento, ma di passare con coraggio all'offensiva. Volevano combattere a corpo a corpo, con tutte le forze, fino a decidere le sorti. Era in pericolo la città, la religione e il tempio.
18 Essi non si preoccupavano tanto per le mogli e per i figli, i fratelli e i parenti. La loro prima preoccupazione era il tempio santo.
19 Anche nella gente rimasta in città l'angoscia non era minore, ansiosa com'era per la sorte dei soldati sul campo di battaglia.
20 Mentre tutti erano in attesa dello scontro imminente, i nemici si erano riuniti e ormai si schieravano in ordine di battaglia. Gli elefanti furono sistemati in posizione strategica e la cavalleria disposta ai lati.
21 Giuda Maccabeo, quando si vide davanti le truppe nemiche, quel grande spiegamento d'armi e l'aspetto feroce degli elefanti, stese le mani al cielo e invocò il Signore che compie prodigi. Era sicuro che la vittoria non dipende tanto dalla forza degli eserciti, quanto piuttosto dalla decisione del Signore, che fa vincere quelli che ne sono degni.
22 Giuda fece questa preghiera: «Signore, al tempo di Ezechia, re della Giudea, tu hai mandato il tuo angelo che uccise nell'accampamento di Sennacherib centottantacinquemila soldati.
23 Manda anche questa volta, o Dio dell'universo, un angelo buono alla nostra testa, perché semini paura e terrore tra i nostri nemici.
24 Intervieni con la tua potenza e sconfiggi costoro che sono venuti contro il tuo popolo santo, e vomitano bestemmie dalle loro bocche!». Con queste parole terminò la sua preghiera.
25 Mentre gli uomini di Nicanore avanzavano al suono della tromba e tra canti di guerra,
26 i soldati di Giuda andarono all'attacco, facendo invocazioni e preghiere.
27 Con le mani combattevano e nei loro cuore pregavano Dio. Abbatterono almeno trentacinquemila nemici e si rallegrarono molto perché Dio aveva di nuovo manifestato la sua potenza.
28 Al termine della battaglia, quando ormai tutti si ritiravano soddisfatti, gli uomini di Giuda scoprirono il cadavere di Nicanore, che era caduto nonostante l'armatura che aveva addosso.
29 Allora ci fu una grande agitazione e si misero a gridare. Poi tutti, in ebraico, ringraziarono l'Onnipotente.
30 E Giuda, che per i suoi connazionali si era sempre dato anima e corpo e aveva sempre dimostrato per essi il più tenero affetto, comandò di tagliare a Nicanore la testa e il braccio e di portarli a Gerusalemme.
31 Giunto in città, Giuda convocò i suoi connazionali, fece disporre i sacerdoti davanti all'altare e radunare anche i soldati della fortezza dell'Acra.
32 Mostrò loro la testa dell'empio Nicanore e la mano che quel maledetto aveva steso tante volte contro il tempio dell'Onnipotente.
33 Poi comandò di tagliare a pezzi la lingua dell'empio Nicanore per darla in pasto agli uccelli. Fece appendere il suo braccio davanti al tempio, perché tutti vedessero quale era stato il guadagno della sua pazzia.
34 Allora tutti elevarono al cielo le loro preghiere e ringraziarono il Signore glorioso, dicendo: «Benedetto colui che non ha permesso che fosse profanata la sua casa».
35 Poi Giuda fece appendere la testa di Nicanore in cima alla fortezza dell'Acra. Voleva farla vedere a tutti, come segno chiaro ed eloquente che Dio li aveva aiutati.
36 E infine, riuniti in assemblea, decisero con voto unanime, di non dimenticare quella data, ma di celebrarla in futuro come giorno di festa. Era il 13 dei dodicesimo mese, che è detto in aramaico mese di Adar, la vigilia cioè della festa dei Purim.
Giuda in presenza dell'esercito di Nicanore


CONCLUSIONE DEL LIBRO
37 Così dunque andarono i fatti riguardo a Nicanore. E siccome da allora gli Ebrei rimasero padroni della città, ho deciso di concludere a questo punto il mio lavoro.
38 Era mia intenzione offrire un'esposizione ordinata e ben fatta degli avvenimenti. Se è rimasta imperfetta e soltanto mediocre, vuoi dire che non ero in grado di fare meglio.
39 Infatti come non è gradevole bere o solo vino o solo acqua, e invece piace mescolare vino e acqua, così è solo l'arte che permette di scrivere un racconto che, per la sua varietà, possa piacere ai lettori. Qui finisce la mia opera.
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